Home » 1/2023

1/2023

VIAGGIARE SICURI

VIAGGIARE SICURI - ATLANTIS

Consigli agli italiani 

in viaggio

 

Prima di partire per l’estero

• Informatevi

• Informateci 

• Assicuratevi

 

Informatevi

Il sito www.viaggiaresicuri.it, curato dall’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale in collaborazione con l’ACI, fornisce informazioni quanto più aggiornate possibile su tutti i Paesi del mondo.

Nella pagina del Paese dove intendete recarvi appare in primo piano un AVVISO PARTICOLARE con un aggiornamento sulla situazione corrente, in particolare su specifici problemi di sicurezza, fenomeni atmosferici, epidemie, ecc.

Oltre all’Avviso Particolare è disponibile la SCHEDA INFORMATIVA, che fornisce informazioni aggiornate sul Paese in generale, con indicazioni sulla sicurezza, la situazione sanitaria, indicazioni per gli operatori economici, viabilità e indirizzi utili.

Ricordatevi di controllare www.viaggiaresicuri.it 

anche poco prima della vostra partenza perché le situazioni di sicurezza dei Paesi esteri e le misure normative e amministrative possono variare rapidamente: sono dati che aggiorniamo continuamente.

Potete acquisire le informazioni anche attraverso la Centrale Operativa Telefonica dell’Unità di Crisi attiva tutti i giorni (con servizio vocale nell’orario notturno):

• dall’Italia 06-491115

• dall’Estero +39-06-491115

 

Informateci

Prima di partire potete anche registrare il vostro viaggio sul sito www.dovesiamonelmondo.it indicando le vostre generalità, l’itinerario del viaggio ed un numero di cellulare. Grazie alla registrazione del vostro viaggio, l’Unità di Crisi potrà stimare in modo più preciso il numero di italiani presenti in aree di crisi, individuarne l’identità e pianificare gli interventi di assistenza qualora sopraggiunga una grave situazione d’emergenza.

Tutti i dati vengono cancellati automaticamente due giorni dopo il vostro rientro e vengono utilizzati solo in caso d’emergenza per facilitare un intervento da parte dell’Unità di Crisi in caso di necessità.

Oltre che via internet, potete registrarvi anche con il vostro telefono cellulare, inviando un SMS con un punto interrogativo ? oppure con la parola AIUTO al numero 320 2043424, oppure telefonando al numero 011-2219018 e seguendo le istruzioni.

 

Assicuratevi

Suggeriamo caldamente a tutti coloro che sono in procinto di recarsi temporaneamente all’estero, nel loro stesso interesse, di munirsi della Tessera europea assicurazione malattia (TEAM), per viaggi in Paesi dell’UE, o, per viaggi extra UE, di un’assicurazione sanitaria con un adeguato massimale, tale da coprire non solo le spese di cure mediche e terapie effettuate presso strutture ospedaliere e sanitarie locali, ma anche l’eventuale trasferimento aereo in un altro Paese o il rimpatrio del malato, nei casi più gravi anche per mezzo di aero-ambulanza.

In caso di viaggi turistici organizzati, suggeriamo di controllare attentamente il contenuto delle assicurazioni sanitarie comprese nei pacchetti di viaggio e, in assenza di garanzie adeguate, vi consigliamo fortemente di stipulare polizze assicurative sanitarie individuali.

È infatti noto che in numerosi Paesi gli standard medico-sanitari locali sono diversi da quelli europei, e che spesso le strutture private presentano costi molto elevati per ogni tipo di assistenza, cura o prestazione erogata. Negli ultimi anni, la Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie (DGIT) ha registrato un aumento esponenziale di segnalazioni di casi di italiani in situazioni di difficoltà all’estero per ragioni medico-sanitarie.

Occorre ricordare che le Rappresentanze diplomatico-consolari, pur fornendo l’assistenza necessaria, non possono sostenere nè garantire pagamenti diretti di carattere privato; soltanto nei casi più gravi ed urgenti, esse possono concedere ai connazionali non residenti nella circoscrizione consolare e che versino in situazione di indigenza dei prestiti con promessa di restituzione, che dovranno essere, comunque, rimborsati allo Stato dopo il rientro in Italia.

Per ottenere informazioni di carattere generale sull’assistenza sanitaria all’estero, si rinvia al sito del Ministero della Salute, evidenziando in particolare il servizio “Se Parto per…” che permette di avere informazioni sul diritto o meno all’assistenza sanitaria durante un soggiorno o la residenza in un qualsiasi Paese del mondo.

In questo numero

In questo numero - ATLANTIS

Anna Bincoletto, Ricercatrice.

 

Sara Crivellari, Ricercatrice.

 

Domenico Letizia, Giornalista.

 

Eleonora Lorusso, Giornalista.

 

Agata Lucchetta, Ricercatrice.

 

Maurizio Melani, Ambasciatore.

 

Luca Mozzi, Sconfinare.

 

Luca Volpato, Ufficio Italiano del Consiglio d’Europa.

Geopolitica e Capitale Mondiale della Sostenibilità

Geopolitica e Capitale Mondiale della Sostenibilità - ATLANTIS

 “VENEZIA LA PIÙ ANTICA CITTÀ DEL FUTURO”

 Dal Festival della Geopolitica Europea la candidatura del Capoluogo Lagunare a Capitale della Sostenibilità

 Anna Bincoletto

 

Le previsioni sul futuro e sulla salvaguardia di Venezia sono molteplici. L’interesse verso questo tema non si limita a un contesto locale e nazionale ma si estende oltre il territorio italiano. Le strategie d’azione per lo sviluppo e l’innovazione della Città si rivolgono ad un pubblico giovane e internazionale; tramite la promozione di progetti e investimenti sulla produzione culturale si mira a rendere la città di Venezia centro d'eccellenza per la formazione avanzata e la ricerca. La Terza edizione del Festival Internazionale della Geopolitica Europea nel panel intitolato Venezia capitale mondiale della sostenibilità porta l’attenzione sul ruolo internazionale di Venezia. Una riflessione preliminare è stata sviluppata dal primo cittadino e vicepresidente della Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità, Luigi Brugnaro.

 

Il Festival Internazionale della Geopolitica Europea è un modo per rilanciare la vocazione della città come centro diplomatico d’Europa?

 

Accogliere la terza edizione di un così prestigioso Festival dimostra non solo quanto la Città creda e sostenga questo progetto ma, soprattutto, ribadisce la vocazione di Venezia ad essere il luogo perfetto dove potersi dare appuntamento e dialogare in merito a tematiche che sono sempre più fondamentali nel confronto tra Stati e Nazioni. Venezia, fin dai tempi della Repubblica Serenissima, ha dimostrato di essere quella porta tra Occidente e Oriente in grado di saper costruire ponti di relazioni e ambascerie con il mondo intero. Una città libera, aperta al multiculturalismo e capace di far convivere popolazioni dalle diverse religioni, che ha nella propria essenza l’essere il luogo dove poter parlare di politiche geostrategiche riuscendo a uscire dagli schemi nazionali e puntando all’ultra statuale ed europeo. Per me come Sindaco ma, ancor più come veneziano, ospitare questi tre giorni di confronto rappresenta un reale motivo di orgoglio. Venezia, nella sua veste di Stato da Mar e Stato da Tera, continua a parlare al mondo ed è il luogo perfetto per gettare le basi per una comune strategia di azione. Sapere che qui si confronteranno ministri, alti rappresentanti delle Forze armate, amministratori delegati di importanti aziende, dirigenti sindacali, dimostra la portata di questo Festival e la capacità che questo evento avrà nel riuscire a passare dalle parole ai fatti concreti. É questa la vera forza di quel Soft Power di cui Venezia è fortemente sostenitrice e che deve diventare quel metodo fondamentale per la politica internazionale per confrontarsi e dialogare. Venezia, città che è nel cuore di tanti abitanti del mondo, non può quindi che spalancare le porte e darvi il benvenuto! Da qui possiamo realmente contribuire a creare un futuro migliore per le prossime generazioni!

 

Nel suo libro-intervista con Stefano Lorenzetto dal titolo Ci giudicheranno i bambini, afferma “Venezia è la più antica città del futuro”, punto di partenza interessante rispetto al panel sull’analisi dello sviluppo di Venezia come Capitale mondiale della Sostenibilità. Cosa intende con tale affermazione e quali saranno le prospettive future per la Città?

 

Lo slogan “Venezia la più antica città del futuro” è nato due anni fa per celebrare i 1600 anni dalla sua fondazione fissata, per convenzione, il 25 marzo 421. Una storia plurisecolare che ha dimostrato di sedimentare in noi che ancora oggi la viviamo tantissime tradizioni e momenti evocativi di un passato glorioso. Se ci fossimo fermati solo a questo però non avremmo reso giustizia allo spirito dei veneziani, un popolo che, non solo ha saputo colonizzare il mondo fino al lontano Oriente, ma ha dimostrato di essere, in ogni epoca, fortemente innovativo: basti pensare all’Arsenale e alla capacità dei nostri antenati di saper costruire una flotta di imbarcazioni agili in grado di sconfiggere le terribili armate nemiche garantendo alla Serenissima il dominio incontrastato dei mari per quasi un millennio. Una Venezia che ha sempre saputo fare delle situazioni avverse un elemento di rinascita. Il Mo.S.E è la dimostrazione che l’ingegno italiano, assieme alla lungimiranza di tanti veneziani, può essere elemento fondante per la salvaguardia della Città. Un’opera che oggi ha finalmente dimostrato di essere la risposta efficace contro le ripercussioni dei cambiamenti climatici e l’innalzamento del livello dei mari, che colpiscono indistintamente tutto il mondo ma che su Venezia hanno effetti devastanti. Anche per questo Venezia ha scelto di candidarsi a Capitale Mondiale della Sostenibilità su un progetto che ha visto Comune, Città Metropolitana e Regione in prima linea e che ha ottenuto il pieno sostegno da parte del Governo. Una Fondazione presieduta da Renato Brunetta, dove il sottoscritto e il Presidente Zaia siamo vicepresidenti, e che annovera, tra i soci fondatori, le università di Ca’ Foscari e Iuav, il Conservatorio, l’Accademia delle Belle arti, la Fondazione Giorgio Cini, Generali, Boston Consulting Group, Confindustria, Eni, Snam, Enel oltre a tantissimi soci co-fondatori che continuano ad aumentare di giorno in giorno.

Un percorso che ci vedrà impegnati per fare di Venezia un luogo che guarda al futuro e che, dopo aver realizzato grazie ad Eni il primo distributore fisso urbano in Italia di idrogeno, continuerà a puntare anche su questa fonte energetica alternativa con la creazione di un vero e proprio Polo di produzione dell’idrogeno a Marghera. Sostenibilità, però, vuol dire anche incentivare la residenza nella Città storica promuovendo iniziative volte a costruire nuovo lavoro e politiche per le famiglie e i bambini. Il turismo dovrà essere sempre più di qualità e compatibile con chi vuole vivere, lavorare e studiare a Venezia tutti i giorni. Una sfida che stiamo cercando di combattere anche contro coloro che sono pronti a dire sempre “No” a tutto preferendo la politica della decrescita felice, tradendo così la storia di coraggio e di lungimiranza che i veneziani hanno sempre dimostrato.

 

Venezia tra il Basso Medioevo e la prima modernità era la principale città portuale d'Europa e dominava il Mediterraneo imponendosi sulla scena internazionale. Successivamente ha perso rilevanza. Pensa che la Venezia di oggi possa tornare al centro di un sistema geopolitico come all’epoca?

 

Venezia è già tornata centrale nel sistema geopolitico internazionale, anche se in modo più contemporaneo e moderno. Basta vedere il numero di enti, istituzioni, associazioni e altre realtà che hanno sede nella nostra Città o che la hanno scelta come luogo per riunirsi per capire quale importante ruolo di mediatrice e di confronto rivesta. Oltre alle tantissime Fondazioni culturali internazionali pubbliche e private sempre più presenti, voglio ricordare anche che Venezia ospita, alla Giudecca, la sede di Emergency e che, proprio durante un incontro tra me e Gino Strada, ho voluto dare il mio pieno sostegno alla futura creazione da parte della Associazione del Museo della Pace. A Venezia ha sede da qualche anno la Fondazione The Human Safety Net di Generali che rappresenta un movimento globale di persone che aiutano chi vive in condizioni di vulnerabilità. Qui ha una sede anche Aspen Institute Italia impegnata a promuovere l’internazionalizzazione della leadership imprenditoriale, politica e culturale del Paese attraverso un libero confronto tra idee. Qui, come ho già detto prima, si riunirà, a fine agosto, per la quarta volta consecutiva, il Soft power Club guidato da Francesco Rutelli, di cui sono Presidente Onorario, con lo scopo di promuovere una visione contemporanea del Soft Power e del suo ruolo nel dialogo tra le Nazioni e i popoli, a sostegno dello sviluppo umano. Qui, nella Città che dal 1987 è Patrimonio Mondiale dell’Umanità, ha sede l’unico ufficio territoriale dell’UNESCO in Italia con il compito di promuovere la cooperazione scientifica e culturale soprattutto nell'Europa sud orientale e al bacino del Mediterraneo. Un elenco che potrei continuare per sottolineare l’importanza della “cultura” come fattore di rapporti internazionali, ma che culmina con gli intensi scambi culturali che di anno in anno vedono Venezia come fulcro: basta guardare al grande potere che Arte, Architettura e Cinema hanno nel far convergere ogni anno alla Biennale tutte le nazioni del mondo in un tripudio di esperienze, di scambi e di confronti. Anche in questo modo guardiamo fiduciosi al futuro e, soprattutto con l’arrivo della mia Amministrazione, vogliamo fare in modo che la nostra Città parli sempre più al mondo internazionale proprio perché Venezia è un luogo dove tutti si sentono a casa.

 

Venezia potrebbe diventare un centro di studi e di università secondo il modello Boston?

 

Venezia è una città che guarda ai giovani e ha capito l’importanza di puntare su di loro per invertire quella tendenza comune a tutte le grandi città storiche d’Italia che vede un generale invecchiamento della propria popolazione. Da qui nasce l’idea di fare di Venezia una grande città Campus sul modello di Boston. Un progetto dal nome “Study in Venice” che, in questi anni, abbiamo portato avanti assieme al sistema accademico cittadino e che è diventato uno dei cantieri tematici che la Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità ha deciso di sostenere. L’obiettivo è quindi quello di evolvere l’offerta accademica con nuovi servizi e nuove strutture che possano far diventare la Città leader a livello internazionale dal punto di vista accademico. Un piano molto ambizioso che è stato centrale nell’ultima riunione plenaria della Fondazione alla presenza del Ministro dell’Università Anna Maria Bernini dove ci si è posti l’obiettivo di far diventare il capoluogo lagunare sempre più un centro d'eccellenza per la formazione avanzata e la ricerca. Il progetto 'Venezia Città Campus' vuole quindi fare in modo di riequilibrare tre aree di sviluppo permettendo una crescita più armonica e sostenibile del territorio: il turismo, la produzione e il sapere. Da qui l’idea di costruire un campus diffuso da sviluppare tra Venezia e Mestre e che dovrebbe interessare soprattutto le aree di Santa Marta, via Torino a Mestre, Porto Marghera e il Parco Scientifico Vega. Fondamentale sarà aumentare l’offerta formativa allineandola alla media europea, in modo da attrarre talenti da tutto il mondo: la stima iniziale prevede un raddoppio della comunità studentesca da oggi ai prossimi dieci anni. Vogliamo insomma che oltre a luogo di esposizione, Venezia torni a diventare anche luogo di produzione culturale. 

 

È più orgoglioso dei risultati che ha conseguito come imprenditore o come sindaco di Venezia (800 milioni di deficit portati a 700 in 7 anni, non sono uno scherzo…)?

 

Sono una persona che guarda ai risultati e nonostante i numeri indichino che in questi anni abbiamo ben lavorato per la Città, mi soffermo anche su quanto non è ancora stato completato. Nel passato, Venezia ha visto passare tanti treni e tante opportunità e non ha saputo coglierle. Il coraggio dell’imprenditore mi porta a non perdere occasioni: mi sforzo di valutare il contesto, cerco di capirne i punti di forza e i punti di debolezza, e poi cerco sempre di sfruttare ogni buona occasione per la mia Città. Faccio un esempio: quando sono arrivato a Venezia molte tra le scuole e le palestre non avevano i regolari Certificati Prevenzione Incendi. Una situazione estremamente rischiosa soprattutto se pensiamo che sono luoghi dedicati all’istruzione e ai giovani. Ad oggi tutti questi spazi ne sono regolarmente dotati. A Venezia abbiamo le idee chiare su dove investire le risorse regionali, nazionali ed europee e non abbiamo intenzione di rinunciare ad un solo euro di quanto ci verrà messo a disposizione; alla fine si vedrà se ne sono stato davvero capace misurando esclusivamente i numeri e i risultati. Questo penso sia il valore aggiunto che un imprenditore, che ha deciso di affidare tutte le sue aziende ad un blind trust per dedicarsi alla città che ama, può portare in dote alla politica. Si chiama concretezza e determinazione, quella stessa concretezza e lungimiranza che mi ha portato ad abbassare, fino ad ora, il debito consolidato della Città di Venezia da 800 milioni a 700 in 7 anni di amministrazione e che mi fa continuare ad impegnarmi, nei prossimi anni di mandato con il massimo sforzo, ad abbassare ancora quell’asticella del debito senza togliere servizi o rinunciare ad investimenti in città. E questo lo dobbiamo alle nuove generazioni, perché saranno proprio loro che, alla fine, ci giudicheranno!

Geopolitica e Sostenibilità ambientale

Geopolitica e Sostenibilità ambientale - ATLANTIS

Venezia Capitale mondiale della Sostenibilità: i passi per rendere la città modello internazionale

Agata Lucchetta

Venezia come modello di città sostenibile, centro del dibattito culturale, scientifico e accademico internazionale è l’obiettivo della Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità, presentata ufficialmente il 16 dicembre 2022 a Palazzo Ducale e costituita il 14 marzo 2022 sulla scia della strategia del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del 2021. Il PNRR prevede un insieme di investimenti e risorse, articolate in sei missioni, volte a risollevare l’economia nazionale attraverso fondi europei dopo la pandemia COVID-19, così suddivise: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute). 

La Fondazione, che nasce dalla collaborazione tra il Comune di Venezia e la Regione Veneto, si muove su questi fronti per «far tornare Venezia città mondo, luogo che anticipa la risoluzione dei problemi globali» partendo dalle questioni locali, come ha detto il presidente della stessa Fondazione, Renato Brunetta, durante la presentazione dei progetti afferenti.

Un modello ambientale, sociale ed economico per lo sviluppo sostenibile della città e della sua laguna perché «sia attrattiva allo stesso modo per talenti, giovani, aziende», ha detto il Sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, vicepresidente della Fondazione insieme al Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Sono stati così creati dei “Cantieri tematici di attività”, a cui sono stati abbinati altrettanti progetti, che lavorano in vari ambiti.

Il primo agisce nel settore industriale e sul tema della transizione energetica e della sostenibilità: prevede la creazione di un Polo dell’Idrogeno nell’area veneziana da riqualificare di Porto Marghera e la promozione di VeniSIA (Venice entrepreneurial international Sustainability Innovation Accelerator), per accelerare l’imprenditorialità nel settore della sostenibilità ambientale, progetto coordinato dall’Università “Ca’Foscari”.

Il secondo agisce sul volto culturale di Venezia, che diventerà palcoscenico del dibattito scientifico, accademico e culturale sulla sostenibilità proponendo un appuntamento biennale, affiancato a quello di Architettura, ad aggiungersi ai già famosi e consolidati Arte, chiamato “Biennale della sostenibilità” o “Cantiere dieci”. 

Ancora, attraverso la collaborazione di cinque istituzioni accademico-culturali cittadine (oltre alla già citata Università “Ca’ Foscari”; anche Università “IUAV”; Accademia delle Belle Arti; Fondazione Giorgio Cini e il conservatorio di Musica “Benedetto Marcello”), la Fondazione punta a rilanciare la residenzialità del centro storico per contrastare il suo spopolamento, promuovendo il rilancio dell’offerta formativa accademica allo scopo di rendere Venezia, “Città Campus” sul modello della città universitaria americana, Boston.  Sempre allo stesso scopo, sono incentivate anche l’inclusione sociale e la vitalità veneziana. 

Infine, la Fondazione punta all’impiego di tecnologia e digitalizzazione per la gestione dei flussi turistici e dei servizi offerti per rendere una delle anime dell’economia veneziana il più sostenibile possibile.

Un pacchetto di progetti ed azioni che coinvolge le maggiori imprese e associazioni imprenditoriali locali, nazionali e internazionali come soci fondatori o confondatori , tra cui ENI S.p.A.; Snam S.p.A.; ENEL S.p.A.; Generali S.p.A.; Confindustria Veneto; Boston Consulting Group e da aprile 2023 anche EDISON, la cui lista è però ancora in espansione.

«Venezia […] laboratorio open air di quello che può essere la vera sostenibilità. Esserne la capitale mondiale è una ambizione, una sfida e lo dimostreremo con questa fondazione», come ha affermato il vicepresidente della Fondazione e Presidente della regione Veneto, Luca Zaia, che sarà ospite al Festival Internazionale della Geopolitica Europea (Mestre Venezia, M9, 11-13 maggio p.v.) venerdì 12 maggio alle ore. 18.00 per discutere cooperazione tra aree regionali europee.

Geopolitica e Diplomazia

Geopolitica e Diplomazia - ATLANTIS

Il nuovo Governo israeliano e i suoi difficili rapporti con il mondo esterno 

Maurizio Melani 

Un nuovo fattore si è inserito in questi mesi nella scena mediorientale. Sarebbe saggio non sopravvalutarne la portata ma neppure considerare che per vari aspetti non vi siano degli aggiustamenti destinati ad incidere su equilibri e posizionamenti nell'area. 

Cruciali amici di Israele nell'Occidente hanno espresso, secondo quanto si legge in un comunicato dei Ministri degli Esteri del Quint informale costituito nell'ambito dell'Alleanza Atlantica (Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti), "profondo turbamento" per le intenzioni annunciate e i comportamenti del nuovo Governo israeliano formato dopo le elezioni del novembre scorso che hanno dato a Netanyahu una maggioranza composta dal Likud e da partiti di estrema destra, espressione dei fondamentalisti religiosi ebraici ultraortodossi e dei coloni insediati illegalmente, secondo il diritto internazionale e pronunce della Corte Suprema israeliana, nei territori occupati della Cisgiordania e di Gerusalemme Est. 

L'esito delle elezioni in termini di seggi nella Knesset è stato la conseguenza di come e con quali alleanze le forze politiche si sono presentate alla consultazione elettorale. Netanyahu, per superare uno stallo durato da anni con una ripetizione di elezioni che non davano maggioranze in grado di governare stabilmente, ha deciso di allearsi con forze politiche estremiste sostenitrici dell'annessione ad Israele di tutta la Palestina storica, fino ad allora tenute ai margini del sistema democratico israeliano. Su tale scelta hanno inciso anche motivi legati alla situazione personale del leader del Likud secondo il quale per affrontarle adeguatamente è necessario che egli sia alla guida del Governo. 

Errori e divisioni nel composito campo avversario hanno poi contribuito in modo determinante all’esito delle elezioni. 

Malgrado i tentativi di mediazione del leader centrista Lapid, già capo dell’ultimo Governo transitorio, i due partiti di sinistra, Labour e Meretz, che sulla base dei voti ottenuti avrebbero potuto cumulare fino ad oltre una decina di seggi, non si sono accordati per una intesa quanto meno tecnica con l’effetto che il primo ha dovuto contentarsi di quattro parlamentari e il secondo non ha superato lo sbarramento e non ha quindi avuto alcuna rappresentanza nella Knesset. Lo stesso vale per i partiti arabi che diversamente da precedenti consultazioni hanno oggi un numero di deputati molto ridotto rispetto alla consistenza demografica di quella componente della popolazione israeliana. 

Per assicurarsi e mantenere la maggioranza parlamentare così ottenuta, Netanyahu ha dovuto dare ai capi dei partiti estremisti incarichi ministeriali di primo piano riguardanti le finanze, la sicurezza nazionale e l’amministrazione dei territori occupati che passerebbe dalle autorità militari a quelle civili prefigurando così la loro annessione. 

E soprattutto ha avviato l’iter parlamentare per un ridimensionamento delle prerogative e delle capacità della Corte Suprema che in molte occasioni ha censurato e cassato decisioni e comportamenti di organi dello Stato nei confronti dei palestinesi e delle loro proprietà, e nelle cui mani sono anche i provvedimenti giudiziari nei suoi confronti. 

Secondo la legislazione che viene prospettata le decisioni della Corte, della quale verrebbero modificate la composizione e le modalità di elezione dei giudici, potranno essere vanificate dal Parlamento con un voto a maggioranza semplice. 

Nello stesso tempo le azioni repressive e preventive nei territori occupati per colpire autori attuali o potenziali di attività militari in Cisgiordania e terroristiche in Israele sono aumentate in intensità con vittime tra la popolazione civile maggiori rispetto ad analoghi interventi nel passato, mentre sono aumentati i fenomeni di violenza senza ostacoli dei coloni e gli attentati con armi improprie in Israele da parte di palestinesi o arabi israeliani contro civili o appartenenti alle forze dell’ordine. 

Contro le misure annunciate si è sviluppata una azione di contestazione pacifica che in tali dimensioni non ha precedenti nella storia di Israele, con manifestazioni che in tutto il paese riuniscono ormai continuativamente centinaia di migliaia di persone. Le parole d’ordine sono la difesa della democrazia israeliana e da parte di molti anche la ripresa del processo di pace con i palestinesi, pur in presenza della sempre maggiore evanescenza dell’ANP sostanzialmente ormai attiva soltanto sul piano diplomatico, scavalcata da organizzazioni estremiste e delegittimata dalla sua sempre minore rappresentatività e dai comportamenti nei suoi confronti dei Governi a guida Netanyahu, con i timori che la gestione annunciata della questione palestinese produca ulteriori radicalizzazioni, un aumento delle violenze e maggiori rischi per la sicurezza di Israele. Le temute alterazioni nello stato di diritto preoccupano inoltre gli ambienti economici mentre si assiste a fenomeni di disinvestimento e di delocalizzazione soprattutto nel settore dell’high-tech con preoccupanti, anche se ancora molto limitati, fenomeni di emigrazione. 

Gli Stati Uniti, che anche con l’Amministrazione Biden si sono impegnati a dare sostanza agli accordi di Abramo e ad ampliarne la partecipazione, hanno manifestato preoccupazioni a Gerusalemme con missioni del Segretario di Stato Blinken e di massimi esponenti delle forze armate e dell’intelligence, coincidenti peraltro con quelle di molti appartenenti alle omologhe strutture israeliane. Analoghe preoccupazioni vengono espresse dall’Unione Europea. 

La posizione di Israele nel contesto internazionale a partire dalla regione mediorientale è diventata più difficile. Permane la volontà dei paesi membri degli accordi di Abramo di sviluppare le relazioni nei campi economico, tecnologico e anche dell’intelligence e con prudenza della cooperazione militare per fare fronte a quella che viene percepita come una comune minaccia iraniana. Ma al tempo stesso vi è il forte disturbo per le pretese che si manifestano nel nuovo Governo israeliano sulla Palestina con in particolare le provocazioni di alcuni suoi membri in luoghi santi dell’Islam. E’ ormai sempre più difficile, nelle attuali circostanze, una adesione agli accordi dell’Arabia Saudita che più di ogni altro è sensibile all’aspetto religioso e che non può arretrare rispetto all’iniziativa di pace della Lega Araba da lei promossa nel 2002. 

È significativo che gli Emirati Arabi Uniti, capofila negli Accordi di Abramo e nella cooperazione con Israele, abbiano presentato nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, del quale sono attualmente membri non permanenti, un progetto di risoluzione, concordato con l’ANP, di ulteriore condanna degli insediamenti e in particolare della decisione del nuovo Governo israeliano di autorizzarne l’estensione sia in Cisgiordania che a Gerusalemme Est. Una azione di mediazione degli Stati Uniti su Emirati, ANP e Israele, nel quale quest’ultimo è stato minacciato della non opposizione americana, ha portato al ritiro del progetto di risoluzione, sostituito da una dichiarazione presidenziale, con un impegno non si sa quanto esplicito di Israele di congelamento temporaneo delle ultime decisioni adottate in materia di insediamenti. La dichiarazione riprende gran parte della proposta di risoluzione emiratina e vi si esprime "profonda preoccupazione e sgomento per l'annuncio israeliano di espansione degli insediamenti che impediscono la viabilità della soluzione dei due Stati", e vi si manifesta "opposizione alla demolizione di case palestinesi e alla deportazione di civili". Vi si richiama inoltre l'impegno dell'ANP a contrastare il terrorismo e vi si afferma l'esigenza di rigettare ogni forma di razzismo, islamofobia, antisemitismo e cristianofobia. 

Gli Stati Uniti hanno così evitato, opportunamente dal loro punto di vista e costruendo un consenso, di scegliere tra una astensione, che avrebbe fatto passare la risoluzione, e un veto che avrebbe oltretutto potuto avere conseguenze negative sul successivo impegno in Assemblea Generale relativo all’Ucraina. 

E’ difficile dire quanto le pressioni interne ed esterne, tra le quali sono ora da annoverare anche quelle di una parte della diaspora, potranno modificare le posizioni del Governo di Israele e la sua tenuta nell’attuale configurazione. 

Sta di fatto che la società israeliana, la cui composizione demografica è mutata negli ultimi decenni, appare oggi profondamente divisa. Da una parte la “start up nation”, tecnologicamente all’avanguardia, laica, liberal, integrata nel mondo globalizzato, desiderosa di interagire positivamente e proficuamente con i paesi arabi circostanti ed in particolare con i ricchi Stati del Golfo. Dall’altra il mondo che sostiene l’attuale Governo con componenti profondamente conservatrici nella visione della vita e nei costumi. Entrambe sembrano tuttavia pervase da un comune sentimento di timore per il futuro e di insicurezza di fondo che esiste nel paese fin dalla sua fondazione. In entrambe, sia pure con sfumature diverse e con contraddizioni interne, vi è il sentimento che una assoluta superiorità militare sia comunque necessaria quanto meno per rinviare il più a lungo possibile i problemi cruciali del rapporto con i palestinesi, su cui una parte consistente della prima composita compagine vorrebbe trovare una soluzione concordata, e dell’accerchiamento da parte di paesi che malgrado accordi di convenienza sono largamente percepiti come strutturalmente ostili. La seconda componente vi aggiunge una rigida chiusura identitaria ammantata da motivazioni religiose che vede la sicurezza garantita soltanto dalla sottomissione con la forza del nemico palestinese. Questa divisione è presente anche nel mondo ebraico fuori da Israele nel cui ambito crescono i timori che l’isolamento del paese al quale è profondamente legato assieme agli ultimi sviluppi al suo interno e nei rapporti con i vicini possano di nuovo alimentare fenomeni di antisemitismo quale che sia la loro forma e la loro origine. 

In una regione nella quale la presenza riacquisita dalla Russia ha oggi lì come altrove un effetto destabilizzante, vi cresce l’influenza cinese e l’Iran, anche per errori americani, è sempre più prossimo ad avere una capacità nucleare militare con tutti i rischi di proliferazione che questo comporta, credo sia nostro interesse che gli israeliani preservino la loro democrazia e trovino con chi li circonda e in primo luogo con chi è a loro più vicino intese che possano garantire al paese una sicurezza sostenibile. Su quest’ultimo aspetto sarebbe auspicabile un ritrovato impegno coordinato degli europei e degli americani per favorire sviluppi positivi con le modalità che l’attuale contesto può consentire. 

 

Attualità Geopolitica

Attualità Geopolitica - ATLANTIS

Erasmus, la porta sull’Europa per gli studenti 

Eleonora Lorusso

Il programma, giunto al 36esimo anno di attività, si rinnova e amplia i propri orizzonti formativi e geografici

Ha 36 anni, ma non li dimostra. Il programma Erasmus è uno dei più noti e accreditati programmi di studio all’estero che oggi più che mai permette gli studenti dell’Unione europea di trascorrere un periodo di formazione in un altro Stato membro, migliorando la conoscenza della lingua e aumentando la gamma di possibilità professionali. Nato il 17 giugno 1987, dopo esperienze pilota fin dal 1981, il programma Erasmus deve il nome a Erasmo da Rotterdam (1466-1536), celebre umanista olandese che viaggiò studiando per l’Europa. Ma è anche l’acronimo di European Region Action Scheme for the Mobility of University Students. Ideato, dunque, per facilitare gli scambi tra studenti universitari europei, con gli anni ha ampliato i propri confini, includendo anche Paesi extracomunitari. Finora ne hanno beneficiato 13 milioni di studenti: «Persone di età e contesti diversi, a cui il programma ha davvero cambiato la vita. Dal 1987 sono stati oltre coinvolti 670mila studenti italiani delle superiori, con 263 istituti tra Atenei, Conservatori, Accademie di Belle Arti, Scuole Superiori per Mediatori linguistici, ITS Academy. L’Italia ha dimostrato anche una forte capacità di attrazione, ospitando un numero crescente di studenti - 188mila - che tra il 2014 e il 2021 hanno scelto i nostri Istituti», spiega Sara Pagliai, coordinatrice Agenzia Erasmus+ Indire. Numeri importanti e in continua crescita, nonostante la pandemia Covid che ha limitato le attività nei mesi dell’emergenza, pur senza fermare il programma. «È così. Negli ultimi due anni, nonostante il difficile contesto mondiale e l’emergenza sanitaria, il Programma non si è mai fermato e ha sostenuto attività di cooperazione e mobilità per oltre 1 milione di europei. Per l’Italia nel 2022 abbiamo registrato un aumento della partecipazione, con oltre 13mila studenti e 9mila insegnanti in mobilità per formazione e scambi», Chiarisce Pagliai.

Creato dalla Commissione Europa, ancora oggi rappresenta un pilastro per l'integrazione dei giovani studenti europei. Per esempio, dal 2014 il Lifelong learning programme (Llp), il programma di apprendimento permanente dell'Unione Europea, è diventato Erasmus+, che coinvolge anche gli studenti delle scuole superiori e i membri dei settori della formazione, del volontariato, del lavoro e dello sport, ma non solo: «La Commissione UE ha deciso di raddoppiare il budget per il settennato 2021-2027 – prosegue la coordinatrice - con obiettivi ambiziosi che comprendono l’aumento dei beneficiari e l’ampliamento delle attività a settori come l’innovazione digitale, le energie rinnovabili, i cambiamenti climatici, l’ambiente, l’ingegneria, l’intelligenza artificiale, il design». Gli obiettivi restano chiari e i risultati confermano la riuscita del progetto: «Il Programma è fra i maggiori successi dell’Unione europea perché ha cambiato radicalmente il modo in cui i cittadini percepiscono l'Europa, un continente associato possibilità di spostarsi vivendo esperienze di studio e formazione arricchenti e stimolanti. La mobilità Erasmus+ è una delle forze più potenti per la creazione di un’autentica identità europea, basata sulla cultura del confronto e del rispetto», conferma Pagliai.

Certo, nel tempo anche l’Europa è cambiata, ad esempio con l’uscita del Regno Unito, da sempre tra le mete più ambite dagli studenti: oggi i Paesi preferiti dagli studenti italiani sono Spagna, Francia, Germania, Portogallo, Polonia, Belgio, con una permanenza media di 6 mesi. Per i tirocini (circa 3 mesi) le più richieste sono Spagna, Germania e Francia. Dopo la Brexit, gli atenei europei possono continuare ad inviare studenti oltre Manica, ma con regole decisamente diverse. La conseguenza è che «il Regno Unito è sceso in 15° posizione tra le preferenze. L’Italia, invece, è richiesta da 188mila giovani (2014-2020), soprattutto spagnoli, tedeschi e francesi, seguiti da polacchi e turchi, che hanno studiato soprattutto presso l’Alma Mater di Bologna (15.194), la Sapienza di Roma (9.095), il Politecnico di Milano (8.301), l’Università degli Studi di Padova (7.914) e l’Università degli Studi di Firenze (6.809)» spiega la coordinatrice di Erasmus+ Indire. Quanto all’identikit dello studente Erasmus, ha un'età media di 23 anni, che diventano 25 se tirocinante: «Erasmus inoltre piace molto alle ragazze: nel 59% dei casi a partire è una studentessa, valore che sale al 63% quando lo scopo della mobilità è uno stage in azienda» spiega Pagliai. Ma non sempre è necessario “fare le valigie” perché dopo l’esperienza pandemica, le connessioni internet permettono anche di studiare “all’estero” restando in Italia: «Qualsiasi periodo di studio o tirocinio all'estero di qualunque durata, compresa la mobilità nell'ambito del dottorato, può essere effettuato sotto forma di mobilità mista» conferma la coordinatrice Erasmus+ Indire. In pratica si combinano attività in presenza e virtuali che agevolano scambi di apprendimento collaborativo e il lavoro di squadra online tra partecipanti provenienti da paesi e indirizzi di studio diversi, che seguono insieme corsi online o lavorano collettivamente e contemporaneamente a compiti riconosciuti come parte del loro percorso di studio. Rientrano in questo ambito i programmi intensivi misti (BIP Blended intensive programme). «In un BIP, la componente virtuale è obbligatoria e l’uso di tecnologie digitali consente agli istituti coinvolti sia di migliorare le capacità di attuazione di metodi di insegnamento e apprendimento innovativi, che di raggiungere un numero più ampio di destinatari dei programmi. Alla Call 2022 sono stati 322 i BIP approvati con 5.586 studenti coinvolti, in crescita rispetto al 2021», chiarisce Pagliai.

Erasmus, intanto, continua a guardare al futuro confermando la “vocazione tradizionale” e allargando i propri obiettivi per «andare incontro a coloro che hanno meno opportunità, comprese le persone con disabilità e i migranti, così come i cittadini dell'Unione europea che vivono in zone remote o che si trovano ad affrontare difficoltà socio-economiche, anche con progetti che promuovono attività educative e facilitano l'integrazione delle persone in fuga dalla guerra in Ucraina», spiega la coordinatrice nazionale. Per gli studenti interessati, occorre innanzitutto monitorare la data di pubblicazione del bando di mobilità Erasmus+, per l’anno accademico successivo a quello in corso. Una volta candidati e superata la selezione, occorre firmare l’Accordo di Mobilità, presentare, validare e ottenere l’approvazione del Learning Agreement; partecipare a eventuali corsi di lingua propedeutici alla mobilità organizzati dall’istituto di appartenenza; verificare la possibilità di portabilità di altre forme di sostegno economico allo studio di cui si è beneficiari come, ad esempio, borse di studio locali; registrarsi presso l’Università ospitante, ossia completare l’Application Procedure e verificare la necessità di attivare una assicurazione sanitaria integrativa. Non vanno dimenticati, infine, strumenti utili come la Carta dello studente Erasmus, l’APP Erasmus, l’ESN – Erasmus Student Network per avere tante informazioni pratico-logistiche e contatti ESN presso la sede di accoglienza per ottenere convenzioni utili come quelle sui viaggi in bus e aereo, le spedizioni di colli, gli alloggi studenteschi, ecc. Infine, la piattaforma EU Academy e le reti di mentori e studenti locali (“buddy”) disponibili presso l’istituzione/ organizzazione ospitante, che possono fornire ulteriori informazioni utili, una volta pronti a iniziare il nuovo percorso di formazione all’estero.

 

Economia e Geopolitica

Economia e Geopolitica - ATLANTIS

La Settimana della Cucina Italiana nel Mondo e la promozione della Dieta Mediterranea negli Usa, in Giappone, Germania e Kazakistan 

di Domenico Letizia 

Dal 14 al 20 novembre 2022 si è svolto, in tutto il mondo, la VII edizione della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo. Il tema portante della manifestazione di quest’anno è stato incentrato su “Convivialità, sostenibilità e innovazione: gli ingredienti della cucina italiana per la salute delle persone e la tutela del Pianeta”. Un’occasione importantissima per poter rilanciare il ruolo della Dieta Mediterranea, la valorizzazione internazionale delle tradizioni e delle pratiche agro-alimentari quali patrimoni immateriali dell’umanità. Il Comune di Pollica ha organizzato, insieme al Future Food Institute, presso il Palazzo di Vetro del Nazioni Unite, a New York, una conferenza sulla Dieta Mediterranea e altre missioni in Kazakhstan, a Berlino e in Giappone. A New York, guidata dal sindaco di Pollica, Stefano Pisani, e dalla presidente del Future Food Institute, Sara Roversi, è stato l’ambasciatore italiano all’Onu, Maurizio Massari, rappresentante permanente alle Nazioni Unite, ad evidenziare come la “Dieta Mediterranea è un esempio tangibile di una forza trainante per lo sviluppo sostenibile ed un modello di eccellenza per garantire sistemi alimentari sostenibili toccando le varie dimensioni sociale, economica e ambientale”. A valle dell’evento, il sindaco di Pollica ha dichiarato che “l’appuntamento alle Nazioni Unite rappresenta un punto di svolta straordinario per il Cilento e per l’Italia tutta. Finalmente abbiamo potuto rappresentare alla Comunità Internazionale, il valore assoluto della Dieta Mediterranea che è ormai da considerarsi un valido modello di sviluppo sostenibile. Abbiamo potuto condividere con gli Ambasciatori presso le Nazioni Unite di Italia e Marocco i prossimi passi da compiere per l’adozione di azioni concrete a favore dello Stile di Vita Mediterraneo che sono certo garantiranno una ulteriore capitalizzazione del valore del nostro Patrimonio Immateriale”. Un evento internazionale, co-sponsorizzato anche dalla Rappresentanza permanente del Marocco che con il Sindaco Mohamed Sefiani della Comunità Emblematica di Chefchaouen, che da anni si adopera per la diffusione della Dieta Mediterranea, e che ha visto un focus sul valore del comparto agrifood di alta qualità portato da Luigi Scordamaglia, CEO di Filiera Italia. Inoltre, ulteriore approfondimento è stato dedicato al valore inestimabile del Patrimonio Dieta Mediterranea e delle grandi opportunità che essa rappresenta, con una relazione di Pier Luigi Petrillo, professore ordinario di Diritto pubblico comparato e presidente dell’Organo degli Esperti Mondiali della Convenzione UNESCO per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale. Successivamente si è svolto un momento di riflessione sull’importanza della formazione e delle nuove generazioni con Stephen Ritz e con gli Chef della Culinary institute of America, che ogni anno formano oltre 3000 chef in tutto il mondo. Infine è stata data voce alle città sostenibili e inclusive con Benedetto Zacchiroli, presidente di ICCAR/UNESCO con grande attenzione alla ricchezza rappresentata dal Mediterraneo e ai sindaci nelle Comunità Emblematiche ed in particolar modo a Stefano Pisani che è intervenuto come Sindaco di Pollica, in rappresentanza della sua comunità, ma anche come coordinatore, nel 2022, della Rete delle 7 Comunità Emblematiche della Dieta Mediterranea dell’UNESCO con un discorso che ha espresso con chiarezza i valori essenziali del “vivere mediterraneo”. La giornata è poi proseguita con una visita alla Community School 55, dove il professore Stephen Ritz, uno dei più amati ed efficaci divulgatori in tema di educazione alimentare, ha lanciato il progetto Green Bronx Machine, sviluppando un programma didattico che vede nell’insegnare a fare l’orto il pilastro di un modello educativo che mette al centro la “cura” per la vita, la salute e l’ambiente. Green Bronx Machine è oggi partner del Future Food Institute, del Centro Studi Dieta Mediterranea “Angelo Vassallo” e di Campustore con un progetto proposto nell’ambito dei PON Edu Green del piano Rigenerazione della Scuola Italiana che porterà gli Orti della Dieta Mediterranea in oltre 600 classi in tutto il Paese. La missione italiana negli Stati Uniti è terminata presso “La Devozione”, il ristorante di Giuseppe Di Martino, amministratore delegato e presidente del Pastificio Di Martino, nello storico Chelsea Market di New York con una “pasta experience” davvero unica. Una cena davvero speciale che ha visto coinvolti i delegati della missione e rappresentanze istituzionali tra cui il Vice Rappresentante Permanente Gianluca Greco, la delegata della Rappresentanza Permanente del Marocco, Meriem El Hilali e anche Atul Khare, il sottosegretario generale del Department of Operational Support delle Nazioni Unite. 

Mentre la missione americana consentiva di diffondere l’eccellenza italiana negli Usa, in Germania, la Settimana della Cucina Italiana nel mondo, ha visto la cooperazione tra l’Ambasciata d’Italia a Berlino e il Future Food Institute, in sinergia con Dock3, Eni Joule e l’Associazione Italiana AgriFood-Tech, che hanno ospitato una pitch session per presentare le migliori dieci startup italiane operanti nel settore AgriTech e interessate al mercato tedesco. L’occasione ha consentito a dieci startup italiane di avviare relazioni e attività di networking con un gruppo di investitori tedeschi interessati alla promozione di iniziative innovative e sostenibili in ambito agroalimentare, rafforzando la cooperazione economica e commerciale tra l’Italia e la Germania. La presenza delle imprese italiane a Berlino ha consentito alle realtà agricole e innovative presenti di poter svolgere incontri e sessioni di mentoring con gli acceleratori di startup berlinesi, centrando l’attenzione sui nuovi processi produttivi agricoli legati all’innovazione e alla sostenibilità.  

I lavori della Settimana della Cucina Italiana nel mondo hanno consentito di poter illustrare la sostenibilità della Dieta Mediterranea anche agli studenti universitari del Kazakistan. Numerosi studenti universitari del Kazakistan e autorevoli esponenti politici e diplomatici del Paese centro asiatico hanno assistito e compreso l’importanza della Dieta Mediterranea e i valori di convivialità e sostenibilità che caratterizzano tale regime alimentare. La Settimana della Cucina Italiana nel Mondo in Kazakistan è stata l’occasione per una speciale e autorevole guest lecture della Presidente del Future Food Institute, Sara Roversi, che si è svolta presso l’Università Agrotecnica del Kazakistan S. Seifullin. Alla conferenza, intitolata “Sostenibilità e rigenerazione per migliorare i sistemi alimentari”, hanno partecipato circa 150 persone, tra cui due borsisti che lo scorso settembre hanno seguito il boot camp sull’agricoltura rigenerativa organizzato dal Future Food Institute presso il Comune Pollica. Ulteriori iniziative con l’Ambasciatore italiano nel Paese, Marco Alberti, si sono svolte presso l’Università Nazarbayev di Astana con un talk dedicato ai temi della sostenibilità, della nutrizione e dei valori della Dieta Mediterranea. Secondo il Memorandum of Cooperation intavolato con l’Università del Kazakistan, gli studenti avranno ulteriori possibilità di completare una Summer School di due settimane, seguendo il lavoro del Future Food Institute in Italia, nella città di Pollica. Grazie al boot camp, gli studenti del Kazakistan possono assimilare e divulgare all’estero le potenzialità della Dieta Mediterranea, accrescendo le proprie competenze come decisori sociali e giovani attivisti con profili multidisciplinari, attraverso competenze specifiche per co-progettare strategie e innovazioni tangibili che accelerano l’azione sul clima, facilitando la transizione della società verso il quadro dello sviluppo sostenibile. Costruito su una piattaforma di apprendimento esperienziale che comprende masterclass, missioni locali, sessioni di tutoraggio, “cene climatiche” virtuali eHackathon, il programma innovativo formativo celebra i protagonisti dell’agricoltura e dell’alimentazione locale, fornendo ai partecipanti le conoscenze e le competenze per guidare azioni del sistema alimentare sostenibile nelle loro comunità. 

La settima edizione della Settimana della Cucina italiana nel mondo è stata celebrata anche in Giappone, mettendo al centro la tradizione culinaria italiana, la convivialità, i prodotti italiani di qualità e la ricchezza delle identità culinarie dei due paesi. Grazie ad una programmazione avviata dal professore Enrico Traversa, responsabile scientifico dell’Ambasciata d’Italia a Tokyo e da Alessandro Fusco, Director del Future Food Japan, si è svolto un evento formativo e divulgativo per mettere a confronto la storia culturale e antropologica della Dieta Mediterranea con lo stile alimentare giapponese, evidenziando i modelli comuni per combattere lo spreco alimentare e tutelare il territorio. L’importanza di un’alimentazione sostenibile e consapevole e l’utilizzo della fermentazione per combattere il food waste e migliorare le nostre diete è ciò che è stato descritto al pubblico convenuto, che ha visto la presenza di numerosi giornalisti, con relazioni e approfondimenti curati da Paco Álvarez Ron, R&D Lead di Food Alchemist Lab del Future Food Institute, da Hiraku Ogura, noto Fermentation Designer giapponese e da Masayoshi Ishida, professore al Ritsumeikan University College of Gastronomy Management. Salvatore Cuomo, Founder e Chairman della Salvatore Cuomo International e parte del network “I LOVE ITALIAN FOOD” ha condiviso il suo impegno, e il progetto “LAB3680”, nel sostenere gli agricoltori locali, contribuire allo sviluppo della comunità, creando prodotti alimentari sostenibili e promuovendo il cibo italiano nella regione di Hita. L’evento, organizzato da Future Food Institute coordinato dall'Ambasciata d'Italia a Tokyo, ha presentato e diffuso i nuovi collegamenti e le chiavi di lettura che mettono in sinergia l’Italia con il Giappone. Sinergie atte ad intensificare la ricerca culturale sull’identità del cibo, i comportamenti alimentari sani da poter diffondere in entrambe le realtà geografiche, gli atteggiamenti, le scelte sociali legate all’alimentazione e la ricerca continua di ingredienti di qualità. D’altronde, l’Italia e il Giappone condividono entrambe delle storie alimentari complesse, ma caratterizzate anche da nuove e affascinanti opportunità di connessioni e sviluppi innovativi.

Sconfinare

Sconfinare - ATLANTIS

Gli obiettivi della Cina nella partita ucraina

A un anno esatto dall’inizio della guerra in Ucraina, la Repubblica Popolare Cinese ha redatto un documento di dodici punti contenente una serie di principi finalizzati ad una de-escalation del conflitto. Scritto in maniera semplice ed incisiva, questo paper tocca varie tematiche, presentando alcuni punti apertamente in contrasto all’invasione russa dell’Ucraina ed altri che ammiccano tacitamente al vicino settentrionale. Proprio per la sua ambiguità nei confronti della Russia, il documento è significativo, in quanto rappresenta un abile strumento per analizzare lo stato delle relazioni sino russe, dopo un intero anno di sanguinoso conflitto.
Sebbene il documento esordisca (primo punto) con una decisa affermazione sulla necessità di rispettare la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di ogni nazione, segue subito un’affermazione (secondo punto) che insiste sulla necessità di abbandonare la “mentalità da guerra fredda”, cioè l’idea di perseguire la propria sicurezza a scapito di quella altrui, specialmente tramite l’espansione dei blocchi militari. Se il primo punto è un chiaro riferimento all’aggressione russa, nel secondo punto si può invece leggere una critica tanto a Mosca quanto a Washington che, tramite la sua egemonia militare minaccia gli interessi strategici cinesi, specialmente nel contesto indopacifico. Il paper continua quindi facendo riferimento ai diritti umani, alla sicurezza degli impianti nucleari, alla necessità di continuare con i dialoghi di pace e ponendo particolare enfasi sull’aspetto economico, protagonista degli ultimi quattro punti.
Per quanto nelle cancellerie occidentali l’alleanza russo cinese sia paventata sin dagli inizi della guerra, le due potenze non sono ancora riuscite infatti a trovare un loro equilibrio all’interno della guerra. Sebbene in questa fase storica Xi e Putin condividano l’aspirazione di spezzare il giogo dell’unipolarismo a conduzione americna, tema principe del recente meeting tra i due capi di stato lo scorso 20 marzo, è difficile pensare ad una anche blanda alleanza tra Cina e Russia che esuli da materie economiche. Gli interessi in comune sono infatti troppi e la prossimità geografica è tale da far quasi combaciare i ventri molli delle due potenze: la Siberia Meridionale russa con la Mongolia Interna cinese. L’avvicinamento tra Russia e Cina è una questione complicata anche poiché, con la guerra in Ucraina, la Cina si è vista danneggiata aspramente su due fronti: sia su quello dell’immagine internazionale (elemento cardine del soft power di una nazione), in quanto Xi e Putin si erano dimostrati molto vicini nella fase immediatamente precedente al 24 febbraio, che su quello strategico-infrastrutturale. La guerra in Ucraina ha compromesso infatti lo sviluppo delle Nuove Vie della Seta, uno dei principali vettori di potenza (economica e non) della Repubblica Popolare. Specialmente colpite sono state le porzioni settentrionali del progetto infrastrutturale, come il corridoio ‘Cina-Mongolia-Russia’ e quello ‘New Eurasian Land Bridge’, che vedevano nell’Ucraina uno snodo fondamentale per i commerci verso l’Europa Occidentale. Nell’Ucraina stessa, gli investimenti cinesi, che ammontavano a svariati miliardi fino al 2022, sono andati perduti. Tra i più importanti figurano quelli per il porto di Odessa, per la ferrovia e per la metropolitana nell’Oblast’ di Kiev, e quelli nel settore energetico, specialmente in quello delle rinnovabili.
L’idea di diffondere questo documento, ufficialmente denominato ‘Posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi ucraina’, che dedica grande attenzione al diritto internazionale, ai diritti umani e alla pace tra popoli, risponde alla volontà della Cina di rilanciare la propria immagine, specialmente agli occhi dell’Occidente, proponendosi come potenza neutrale. Allo stesso tempo, i toni generici e ambigui di questo piano di de-escalation testimoniano come la Cina non abbia interesse nell’auto conferirsi il ruolo di mediatore nel conflitto ucraino né tantomeno abbia intenzione di fare una scelta di campo, quanto invece senta la necessità di intervenire in questa partita per legarla ai suoi interessi strategici. L’aspetto economico menzionato nel documento ne è un esempio: nel paper la Cina si auspica infatti di porre un termine alle sanzioni unilaterali, di mantenere la stabilità delle supply chains e di promuovere la ricostruzione dell’Ucraina.
Le nazioni sanzionate dagli USA (credits: Wikipedia Commons)
Il tema relativo alle sanzioni unilaterali e alla stabilità delle supply chains, ad esempio, è applicabile tanto allo scenario russo quanto a quello cinese. Le sanzioni poste dagli Stati Uniti alla Cina dal 2018, specialmente nel settore della tecnologia e dell’intelligenza artificiale, hanno causato un grande danno all’economia cinese, precludendo lo sbocco di determinati prodotti cinesi sul mercato americano ed occidentale. Nel caso concreto, ad esempio, le sanzioni americane sono state gli artefici del collasso del gigante delle telecomunicazioni Huawei (che nell’ultimo trimestre del 2020 ha visto le sue vendite crollare del 42%), che si è visto costretto ad investire nel settore dell’allevamento suino e in quello minerario. Allo stesso modo, specialmente negli ultimi mesi, le sanzioni americane hanno toccato le importazioni cinesi di componentistica per software e apparecchiatura tecnologica- colpendo duramente la catena produttiva dell’alta tecnologia cinese. È dell’ottobre scorso, infatti, la decisione di Biden di limitare a compagnie cinesi la vendita di semiconduttori, materiale necessario per la realizzazione di microchip, essenziali tanto per la produzione di elettrodomestici quanto anche per la realizzazione di tecnologia militare o spaziale.
Nonostante le pessime performance dell’economia cinese del 2022 dovute ai precari equilibri globali e alla mala gestione della pandemia di COVID-19, il gigante asiatico continua la sua crescita economica e necessita per questo di espandersi verso nuovi mercati. In questo senso si legge la (decisamente prematura) dichiarazione cinese (dodicesimo punto del documento) di voler ricostruire l’Ucraina, mossa che permetterebbe all’Impero di Mezzo di investire l’efficientissima manodopera cinese nel ricostruire un paese che nell’anteguerra aveva nella Cina il suo principale partner commerciale.
Gli Stati Uniti, insieme a NATO ed Unione Europea, non appoggiano in alcun modo una mediazione cinese nella partita ucraina, definendo Pechino poco credibile e troppo vicino agli interessi russi. Per questo motivo, in seguito alla pubblicazione del documento cinese e, ancora di più in seguito all’incontro tra Putin e Xi del marzo scorso, si è allertata l’opinione pubblica su un possibile avvicinamento russo-cinese. Al centro del dibattito vi è la possibilità di un futuro trasferimento di attrezzature militari dalla Cina alla Russia, scenario sul quale però Xi si è dimostrato finora saggiamente molto cauto, evitando l’esportazione in Russia di materiale bellico. Dall’inizio della guerra, la Russia ha comunque aumentato di oltre il 30% le sue esportazioni di materie prime verso la Cina, paese decisamente energivoro e che ha beneficiato largamente della preclusione dei prodotti russi sui mercati europei.

 

Cultura e Geopolitica

Cultura e Geopolitica - ATLANTIS

 

LA QUESTIONE TEDESCA UN NODO IRRISOLTO?

Sara Crivellari

Il 12 ottobre 2022 si è svolta a Bologna la presentazione del libro La questione tedesca, con interventi dell'ex presidente della Commissione UE ed ex premier Romano Prodi e del Costituzionalista ed ex Presidente della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky. López Pina ha affrontato l’analisi delle due anime della Germania che convivono e si alternano; una europeista di “vocazione civica universale” e di “pace perpetua” (concetti kantiani), e l’altra indirizzata al Volknazionalismo (Nazionalpopulismo), quest’ultima incarnata a intermittenza negli ultimi due secoli e con un ritorno significativo post Riunificazione. López Pina analizza come durante il periodo del Muro di Berlino le due parti del Paese avevano sviluppato identità politiche e culturali molto diverse, e come questa dualità aveva influenzato la politica e la società in entrambe le parti della Germania.

Il Muro di Berlino rappresentava divisione fisica tra le due anime della Germania, simboleggiando la separazione tra l’identità di stampo nazionalista, con accentramento economico e del potere, della parte ovest, e l’identità più democratica della parte est. 

Tuttavia, nonostante la Riunificazione della Germania nel 1990, le due anime hanno continuato a influenzare la politica tedesca contemporanea. Dopo la caduta del Muro la Germania appariva disorientata su più livelli (intellettuale, culturale, costituzionale e politico) e la decisione del Consiglio Europeo del 1998 sull’entrata in vigore della moneta unica, ha portato la Germania a propendere per il Nazionalismo e a frenare costantemente ogni iniziativa volta a far avanzare il processo di integrazione europea. Il libro di Antonio López Pina indaga e analizza questi cambiamenti. Ne individua le ragioni nel senso di superiorità rispetto agli altri Stati membri dell’Unione Europea acquisito dalla Germania dopo la Riunificazione, giustificato dai considerevoli benefici ricavati in particolare da tre sentenze, a partire da cui la giurisprudenza del Tribunale Costituzionale Tedesco si è affermata. Le sentenze in questione toccano i rapporti tra diritto europeo e diritto costituzionale tedesco, e sono quelle sul Trattato di Maastricht (1993), sul Trattato di Lisbona (2009) e sugli acquisti da parte della Banca Centrale Europea sul mercato secondario di titoli del debito degli Stati Membri (2020). Queste sentenze negano la primazia dei trattati europei sul diritto costituzionale tedesco e affermano che le sentenze della Corte di Giustizia Europea sono soggette al vaglio del Tribunale Costituzionale Tedesco per essere applicabili in Germania. L’autore del libro confuta sul piano giuridico questa posizione e pone in evidenza come su quello politico la Questione Tedesca costituisca ormai l’ostacolo maggiore per un’Unione politica europea.

Come scrivono gli Ambasciatori Raniero Vanni d’Archirafi e Roberto Nigido nella Prefazione de La questione tedesca, la reazione di Berlino di fronte all’invasione Ucraina da parte della Russia è stata sì di temporeggiamento verso le sanzioni europee, ma anche di un gigantesco riarmo. Molti conferiscono a questa operazione la volontà di portare il suo potere militare al pari di quello economico. Sopra questa riflessione aleggia lo spettro dell’anima “nazionalpopolare” della Germania e “conferma la straordinaria attualità del libro di Antonio López Pina”.

 

 

Antonio López Pina, autore del libro La questione tedesca, è Professore e Costituzionalista spagnolo. Nato durante la Guerra Civile Spagnola, nel 1963 si laurea in Giurisprudenza all’Università Centrale di Madrid. Si è formato e ha condotto ricerche presso le Università di Monaco, Libera di Berlino, La Sorbona/Istituto di studi politici, Michigan e Harvard. Ha tenuto la Cattedra di Diritto costituzionale all’Università Complutense di Madrid e la Cattedra Jean Monnet di Cultura giuridica europea. È stato Senatore del Regno di Spagna, membro delle Commissioni Costituzionale e degli Esteri, Corti costituenti, Consigliere del Consiglio di Stato.

 

 

Sommario

Sommario - ATLANTIS