Gabriele Checchia, Ambasciatore.
Sara Crivellari, Ricercatrice.
Domenico Letizia, Giornalista.
Eleonora Lorusso, Giornalista.
Agata Lucchetta, Ricercatrice.
Luca Mozzi, Sconfinare.
Paolo Loreto, Docente.
Luca Volpato, Ufficio Italiano del Consiglio d’Europa.
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Il sito www.viaggiaresicuri.it, curato dall’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale in collaborazione con l’ACI, fornisce informazioni quanto più aggiornate possibile su tutti i Paesi del mondo.
Nella pagina del Paese dove intendete recarvi appare in primo piano un AVVISO PARTICOLARE con un aggiornamento sulla situazione corrente, in particolare su specifici problemi di sicurezza, fenomeni atmosferici, epidemie, ecc.
Oltre all’Avviso Particolare è disponibile la SCHEDA INFORMATIVA, che fornisce informazioni aggiornate sul Paese in generale, con indicazioni sulla sicurezza, la situazione sanitaria, indicazioni per gli operatori economici, viabilità e indirizzi utili.
Ricordatevi di controllare www.viaggiaresicuri.it
anche poco prima della vostra partenza perché le situazioni di sicurezza dei Paesi esteri e le misure normative e amministrative possono variare rapidamente: sono dati che aggiorniamo continuamente.
Potete acquisire le informazioni anche attraverso la Centrale Operativa Telefonica dell’Unità di Crisi attiva tutti i giorni (con servizio vocale nell’orario notturno):
• dall’Italia 06-491115
• dall’Estero +39-06-491115
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Prima di partire potete anche registrare il vostro viaggio sul sito www.dovesiamonelmondo.it indicando le vostre generalità, l’itinerario del viaggio ed un numero di cellulare. Grazie alla registrazione del vostro viaggio, l’Unità di Crisi potrà stimare in modo più preciso il numero di italiani presenti in aree di crisi, individuarne l’identità e pianificare gli interventi di assistenza qualora sopraggiunga una grave situazione d’emergenza.
Tutti i dati vengono cancellati automaticamente due giorni dopo il vostro rientro e vengono utilizzati solo in caso d’emergenza per facilitare un intervento da parte dell’Unità di Crisi in caso di necessità.
Oltre che via internet, potete registrarvi anche con il vostro telefono cellulare, inviando un SMS con un punto interrogativo ? oppure con la parola AIUTO al numero 320 2043424, oppure telefonando al numero 011-2219018 e seguendo le istruzioni.
Assicuratevi
Suggeriamo caldamente a tutti coloro che sono in procinto di recarsi temporaneamente all’estero, nel loro stesso interesse, di munirsi della Tessera europea assicurazione malattia (TEAM), per viaggi in Paesi dell’UE, o, per viaggi extra UE, di un’assicurazione sanitaria con un adeguato massimale, tale da coprire non solo le spese di cure mediche e terapie effettuate presso strutture ospedaliere e sanitarie locali, ma anche l’eventuale trasferimento aereo in un altro Paese o il rimpatrio del malato, nei casi più gravi anche per mezzo di aero-ambulanza.
In caso di viaggi turistici organizzati, suggeriamo di controllare attentamente il contenuto delle assicurazioni sanitarie comprese nei pacchetti di viaggio e, in assenza di garanzie adeguate, vi consigliamo fortemente di stipulare polizze assicurative sanitarie individuali.
È infatti noto che in numerosi Paesi gli standard medico-sanitari locali sono diversi da quelli europei, e che spesso le strutture private presentano costi molto elevati per ogni tipo di assistenza, cura o prestazione erogata. Negli ultimi anni, la Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie (DGIT) ha registrato un aumento esponenziale di segnalazioni di casi di italiani in situazioni di difficoltà all’estero per ragioni medico-sanitarie.
Occorre ricordare che le Rappresentanze diplomatico-consolari, pur fornendo l’assistenza necessaria, non possono sostenere nè garantire pagamenti diretti di carattere privato; soltanto nei casi più gravi ed urgenti, esse possono concedere ai connazionali non residenti nella circoscrizione consolare e che versino in situazione di indigenza dei prestiti con promessa di restituzione, che dovranno essere, comunque, rimborsati allo Stato dopo il rientro in Italia.
Per ottenere informazioni di carattere generale sull’assistenza sanitaria all’estero, si rinvia al sito del Ministero della Salute, evidenziando in particolare il servizio “Se Parto per…” che permette di avere informazioni sul diritto o meno all’assistenza sanitaria durante un soggiorno o la residenza in un qualsiasi Paese del mondo.
Tra Est e Ovest: l'Adriatico linea di faglia o connettore?
Il 30 maggio 2023 si è svolta una significativa giornata di studio promossa dalla Marina Militare Italiana e dall'Istituto di Studi Militari Marittimi di Venezia, curata dal dottor Francesco Zampieri, analista. L'evento è stato aperto dal saluto di Andrea Romani, comandante del presidio della Marina Militare di Venezia. Durante l'introduzione, Giuseppe Schivardi ha posto l'accento sull'importanza della geografia per definire la fisionomia e il destino di una nazione. Ha sottolineato il ruolo determinante del mare per l'Italia, ma ha anche evidenziato come il Paese spesso sia poco consapevole di questa sua vocazione marittima. Pertanto, ha ribadito la necessità di lavorare nelle scuole per aumentare questa consapevolezza fondamentale per il futuro del Paese.
Il primo panel ha visto la partecipazione di Egidio Ivetic dell'Università degli Studi di Padova, Giorgio Fruscione dell'analista ISPI e Ilaria Tani, ricercatrice di diritto internazionale dell'Università statale Bicocca di Milano. Secondo Ivetic, l'Adriatico svolge un ruolo sia di integrazione che di linea di confine. L'origine bizantina di Venezia ha portato a una storia complessa, e dopo il 1000 d.C., la supremazia marittima della città ha fatto sì che l'Adriatico venisse definito il Golfo di Venezia. Fino all'800, la Puglia era vista da una prospettiva orizzontale, ma solo dopo l'unificazione italiana e con la realizzazione della ferrovia, la regione divenne un'importante area agricola per il Nord. Il rapporto tra Venezia e l'Impero Ottomano ha portato a sette guerre con altrettanti trattati di pace. Sul piano militare, Venezia aveva sempre avuto la supremazia marittima mentre l'Impero Ottomano si dimostrava superiore sulla terraferma. Ci sono state poi numerose influenze sulla regione.
Nel secondo dopoguerra, l'Adriatico è stato diviso in due da nord a sud, tra Italia e Jugoslavia. A partire dal 1970, si è verificata una presenza cinese in Albania, ulteriormente consolidata dal 2016. Tuttavia, il controllo della NATO è diventato preponderante. Attualmente, nella regione è presente in misura minore la Russia, la Turchia, l'Arabia Saudita e il Qatar, con trasmissioni televisive in serbo croato. Si sta prospettando una visione d'area di macro regione Adriatico-Ionio.
Nel suo intervento, Giorgio Fruscione ha parlato dei recenti scontri in Kosovo, il risultato della cosiddetta guerra delle targhe. Il boicottaggio elettorale dei musulmani ha portato all'elezione di oltre 50 sindaci serbi e a una situazione di tensione che ha innervosito gli Stati Uniti e favorito la Russia di Putin.
Ilaria Tani si è soffermata sulle nuove zone di pertinenza e sull'assertività aggressiva della Croazia.
Il secondo panel è stato dedicato alla riflessione sulla centralità dell'Adriatico in geopolitica, e Paolo Sellari ha introdotto il concetto di centralità e il numero di "Mediterranei" presenti nel Mar Mediterraneo. L'Adriatico è stato considerato come un Mediterraneo all'interno del Mediterraneo stesso. Una possibile linea di frattura è stata individuata di natura religiosa e culturale, con un punto di faglia nei Balcani tra cristianità e islamismo. Dagli anni '90 si è iniziato a parlare di corridoi, ma si è notato che questi non distribuiscono ricchezza, ma rafforzano gli Hub. La strategia italiana dovrebbe concentrarsi sulla connessione tra Adriatico e Tirreno.
Antonella Scandino ha poi evidenziato che il 90% delle merci viaggia per mare e che le rotte regionali hanno mantenuto una rilevanza del 57%. La linea di faglia o di connessione deve essere letta all'interno dei corridoi sia come sbocco di export che di import.
In conclusione, la giornata di studio ha affrontato tematiche fondamentali riguardanti l'Adriatico e il suo ruolo centrale nel contesto geopolitico, storico ed economico. Esperti e analisti hanno condiviso le proprie prospettive su questa importante area di connessione e integrazione, ponendo l'accento sulle sfide e le opportunità che essa presenta per l'Italia e per la comunità internazionale.
La Francia, dal passato colonialista all’emergenza sociale: proteste di oggi e di ieri
La recente ondata di proteste, che ha portato a uno stato di emergenza, ha tratti nuovi con i quali devono fare i conti anche altri Stati europei
Come una tempesta perfetta. I disordini che hanno portato la Francia nel caos a inizio luglio sono durati appena pochi giorni, ma hanno lasciato il segno, come dopo un disastro ambientale. Si tratta di una ferita destinata a lasciare una cicatrice e il presidente francese, Emmanuel Macron, ne è parso consapevole fin da subito: alla morte del 17 Nahel, ucciso da un agente di polizia a Nanterre, e agli scontri che ne sono seguiti per diversi giorni (con un numero impressionante di fermi e di feriti) è seguito l’incontro all’Eliseo con circa 240 sindaci di comuni colpiti dalle rivolte, ricevuti da Macron a Parigi. A loro il Presidente ha assicurato che «il picco della protesta è passato”, anche se ha sottolineato l’esigenza di essere prudenti. Ma soprattutto di guardare al futuro, per dare risposte concrete che evitino che quanto accaduto si ripeta.
Le risposte di Parigi. La prima mossa di Macron è stata di sostegno ai sindaci, promettendo «risposte sul fondo» e «all'altezza di quello che hanno vissuto». Nel suo discorso, il presidente ha espresso «totale sostegno" agli amministratori locali, di fronte a una stima dei danni pari a oltre 1 miliardo, Ma il problema è anche (o soprattutto) di tipo sociale, tanto che il capo dell’Eliseo ha sottolineato: «Ma non bisogna rifare le stesse cose che facciamo da decenni», c'è bisogno «di una risposta all'altezza di quello che abbiamo vissuto».
La Francia, da sempre polo di attrazione dei migranti. Come notava già qualche anno fa Maurizio Ambrosini, professore di Sociologia delle migrazioni presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università degli Studi di Milano, «la Francia ha una lunga storia di immigrazione: è un Paese scarsamente popolato in rapporto alle sue dimensioni e coinvolto a più riprese in guerre rovinose. Da almeno due secoli ha un problema demografico e di alimentazione del mercato del lavoro. Questo, unito allo sviluppo industriale e alla storia coloniale, ha contribuito a fare della Francia uno dei principali poli di attrazione dell’immigrazione in Europa. Nel 2015 risiedevano in Francia 7,9 milioni di persone nate all’estero, pari all’11,9% dei residenti». Nel frattempo il fenomeno migratorio, che riguarda anche altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo come l’Italia, la Spagna o la Grecia, non si è fermato, al contrario è cresciuto ulteriormente a causa delle instabilità politiche e sociali in nord Africa.
La difficile integrazione. «Nello stesso tempo, il paese ha storicamente coltivato un approccio inclusivo nei confronti dei nuovi arrivati e dei loro figli – osservava ancora Ambrosini, riferendosi ai cinque anni di tempo per accedere alla cittadinanza, e al diritto di suolo (ius soli) quasi automatico per i nati in Francia. Con Sarzoky, però, è arrivato il concetto di “integrazione civica”, con la richiesta ai nuovi arrivati dell’adesione a un “contratto d’integrazione”: «L’integrazione è stata ricodificata, da obiettivo delle politiche pubbliche a impegno di “lealtà” per gli stranieri residenti. Come e più che in altri paesi, test di lingua a vari livelli (ingresso, permesso di lungosoggiornante, naturalizzazione) dovrebbero verificare i progressi dei soggiornanti sulla strada dell’integrazione», spiegava Ambrosini. Il problema è che tutto questo non è servito: la Francia è rimasta spezzata in due.
La Francia “spezzata in due”. La morte del 17enne a Nanterre, lo scorso 26 giugno, è solo “casus belli” che si inserisce in un “problema endemico” anche secondo Massimo Nava, giornalista ed editorialista del Corriere della Sera, già corrispondente da Parigi e profondo conoscitore della Francia. Secondo Nava quello ciò che si è verificato ha a che fare con una nuova “rabbia popolare”: «Il problema di fondo risale agli anni ‘70 e ‘80, con le prime ondate migratorie, ma è poi proseguito con i figli e i nipoti di quei migranti, che sono francesi a tutti gli effetti, ma che si sentono cittadini di seconda classe. Ciò che è cambiato è che negli anni ‘80 e con le grandi proteste degli anni 2000 si chiedevano integrazione sociale, posti di lavoro, di “discriminazione positiva” per avere accesso alle grandi università: si voleva uscire dal ghetto. Oggi questa la protesta è di tipo anarcoide, difficilmente incanalabile, quasi disperata da parte di gente che non ha nulla da perdere. Questi giovani non votano, non credono più a nulla, parlano persino una lingua diversa storpiata dal francese, contestano le scuole e c’è anche una deriva religiosa e criminale, che si scontra con il tentativo di recuperare il territorio: il risultato sono gli scontri con la polizia».
L’allarme sulla “Francia bianca”. La frattura sociale, già legata al fenomeno migratorio, non è stata superata neppure con stanziamenti ingenti da parte dello Stato per migliorare la condizione delle periferie. Anzi, sarebbe stata anche amplificata da parte della stessa società francese: «In questi anni sono stati profusi molti milioni di euro in piani di recupero delle periferie e per migliorare i servizi sociali, ma il fallimento è nella testa dei francesi, in particolare dell’establishment, dei “garantiti” dallo Stato. È il senso di separatezza che non è stato superato, anzi forse è peggiorato. Un po’ perché rimangono i ghetti, con i quartieri sotto controllo di bande. Anche gli attentatori del Bataclan provenivano dalle banlieu. Ma la stessa società francese le ha stigmatizzare, basti pensare ad alcuni messaggi di partiti di destra e di estrema destra e di alcuni intellettuali come Eric Zemmour o Michel Huellebeq, che hanno alimentato la teoria della sostituzione etnica e della scomparsa della Francia bianca e cristiana», spiega Nava.
Proteste di ieri e di oggi. I nuovi scontri hanno richiamato alla mente quelli degli anni passati e i più recenti cortei dei gilet gialli o contro la riforma delle pensioni: «Sì, anche se c’è una grande differenza: i gilet gialli o le manifestazioni per le pensioni non hanno riguardato le periferie o lo hanno fatto marginalmente, perché la popolazione che vive lì non si sente il bisogno di lottare per la pensione o il lavoro: è marginalizzata anche ella dimensione politica», sottolinea Nava.
Colpa del colonialismo? Tra coloro che hanno puntato il dito sul passato colonialista della Francia per spiegare le ragioni delle proteste sociali c’è stato il presidente turco. Per Recep Tayyip Erdogan, tra le ragioni del malessere di gran parte della popolazione, specie nelle banlieu, ci sono il “passato coloniale” e il “razzismo istituzionale”. Il leader turco, fresco della conferma alle presidenziali, non ha poi nascosto una preoccupazione: «La Turchia teme che le tensioni in Francia possano creare ulteriore oppressione per i musulmani e i migranti”.
Il rischio dell’effetto domino. Il rischio di un effetto a catena, di un dilagare delle proteste al di là dei confini francesi, invece, non è stato apertamente manifestato se non a distanza di una settimana dai fatti che hanno innescato il caos Oltralpe. In Italia a respingere l’ipotesi è stato il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani: «La situazione in Italia è completamente differente, non ci sono gli stessi problemi che ci sono in Francia. Ci sono problemi anche nelle nostre periferie - abbiamo visto quello che è accaduto a Roma (con riferimento al caso di Primavalle, NdR)- Ma quelle avvenute nelle principali città francesi sono vicende che non possono essere esportabili nel nostro Paese". Molto più cauto, invece, il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeir: «Noi tedeschi seguiamo con grande attenzione gli sviluppi nel nostro Paese vicino. E, come tutti i francesi, desideriamo che la pace sociale possa essere ripristinata e che le crepe nella società possano essere sanate". Un auspicio a cui, comunque, si sono uniti tutti i Paesi europei.
Le imprese italiane e la riscoperta dell’Albania.
Intervista all’esperto Umberto Pagano
di Domenico Letizia
Con la crescita del fenomeno turistico all’estero post emergenza sanitaria, ritorna al centro dell’attenzione imprenditoriale italiana il focus Albania, che con le immense opportunità nel mondo alberghiero e dell’intrattenimento attira sempre più l’attenzione delle imprese. Tuttavia, l’Albania non è solo turismo, ma un sistema economico molto vicino alla cultura imprenditoriale italiana e con un sistema fiscale, un costo del lavoro e una tassazione decisamente conveniente. Nel corso dell’ultimo decennio l’Albania ha compiuto significativi progressi verso un’economia di mercato moderna ed esprime ottime potenzialità di sviluppo. Il Paese non presenta criticità sul piano della sicurezza e dell’ordine pubblico. L’Albania ha aderito agli accordi di libero scambio con i paesi dei Balcani, aumentando le opportunità di commercio con la Regione. L’Albania, che è Paese membro della NATO, è attualmente in valutazione anche per un prossimo ingresso nell’Unione Europea. La legge locale non genera problematiche tra investitori stranieri e nazionali sia per quanto riguarda le attività e le strutture legali, sia per l’applicazione del sistema fiscale. La richiesta di prodotti Made in Italy è ingente ed è caratterizzata da una costante tendenza del consumatore albanese a rivolgere la propria attenzione al prodotto alimentare e tecnologico italiano, spesso acquistato nell’ambito di network commerciali avviati e condotti in collaborazione con importanti imprese italiane. Un Paese che merita attenzione e che può generare grandi opportunità, da studiare non solo per i servizi turistici estivi. Nel tentativo di comprendere le enormi attrattività economiche, intervistiamo Umberto Pagano, esperto in diritto societario e internazionalizzazione delle imprese dello Studio Ansaldi&Partners di Napoli, che da numerosi anni rilancia l’importanza dell’azione di cooperazione economica con l’Albania.
La cooperazione tra Italia e Balcani, per la ripresa dalla crisi economica generata dall’emergenza sanitaria e dall’aggressione russa, trova in Albania la chiave per l’innovazione, la transizione digitale e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, quali strumenti essenziali per la creazione di un circuito virtuoso atto a far crescere l’economia italiana e dell’intero Mediterraneo. Possiamo approfondire?
Il recente incontro del 27 luglio, presso il Castello Federiciano, cha ha visto riunirsi i ministri degli affari esteri di Italia, Albania, Bulgaria e Macedonia del Nord rappresenta un buon esempio di coordinamento tra i Paesi attraversati dal Corridoio Paneuropeo VIII: un’infrastruttura strategica tra il Mare Adriatico e il Mar Nero. L’incontro ha rappresentato una piattaforma ideale per rafforzare il dialogo politico e la cooperazione economica tra gli Stati della regione. La sessione plenaria di lavori è stata centrata prevalentemente su integrazione e cooperazione, trattando temi quali connettività, infrastrutture, crescita economica e dialogo con la società civile. Alla riunione hanno preso parte il vicepresidente del Consiglio e ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, il ministro per l’Europa e gli affari esteri dell’Albania, Olta Xhaçka, il vice-primo ministro e ministro degli affari esteri della Bulgaria, Mariya Gabriel e il ministro per gli affari esteri della Macedonia del Nord, Bujar Osmani. Questo incontro è stato un esempio concreto e recente di un circuito virtuoso istituzionale ed economico per la crescita comune del commercio e della cooperazione nel Mediterraneo.
Quali sono i servizi e le esigenze più importanti da non sottovalutare per quelle realtà imprenditoriali che decidono di investire in Albania?
Comprare casa in Albania per investimento è una scelta che si può fare oggi, nel 2023 perché i prezzi sono ancora accessibili: si trovano dei monolocali interessanti in zona Saranda o Durazzo anche a meno di 60.000 euro, oppure ville da 10 stanze a meno di 350.000 euro. L’Albania offre molte opportunità di investimento per via del basso costo della manodopera e bassi prezzi delle proprietà e rappresenta, quindi, un grande potenziale mercato per i paesi Europei. È da sottolineare che l’Albania ha aderito agli accordi di libero scambio con i paesi dei Balcani, aumentando le opportunità di commercio con la Regione. Il primo settore di maggior interesse di investimento in Albania è il settore energetico (energia elettrica e gas). Negli ultimi vent’anni tale settore è stato oggetto di grandi sviluppi, sia grazie all’apertura al mercato delle concessioni per il rinnovo e/o la realizzazione di nuovi impianti, sia grazie alle politiche di promozione e investimenti sull’energia rinnovabile. Ad oggi si registra un incremento anche di fonti di energia rinnovabile quali fotovoltaico ed eolico. L’Albania possiede, altresì, una grande riserva di idrocarburo. Inoltre, fa parte del progetto di Gasdotto Trans-Adriatico (TAP) che permette l’afflusso di gas naturale in tutta l’Europa Occidentale e di cui abbiamo sentito tanto parlare nel corso della recente crisi energetica innescata dopo l’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina.
La consulenza alle imprese italiane in Albania merita attenzione e una precisione accurata per le procedure burocratiche e fiscali differenti dal contesto europeo. Quali sono gli aspetti procedurali da non sottovalutare?
Il governo albanese spinge sul settore energetico e agricolo. In questi contesti sono chiamate in causa le imprese con grandi capitali (e le imprese più piccole legate alla filiera energetica) per assicurarsi i mercati dell’elettricità e del gas e per la fornitura di macchine ed impianti ad alto contenuto tecnologico per la lavorazione, trasformazione e conservazione dei prodotti agroalimentari. La conferma dello sviluppo in questi settori è arrivata qualche anche fa dal Business Forum Italia Albania che si è tenuto a Tirana a inizio Febbraio 2018. Oltre 350 imprese italiane hanno preso parte al Forum che ha visto anche la partecipazione del Premier albanese Edi Rama, del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, dell’allora sottosegretario allo Sviluppo Economico Ivan Scalfarotto e di altri rappresentanti di enti ed organizzazioni internazionali. Ritengo che prima di poter anche solo pensare di dare il via ad un business in Albania è indispensabile esserci stati per un tempo sufficiente ad avere un minimo di conoscenza della società albanese e delle sue dinamiche interpersonali. Sondare il terreno è importantissimo, non solo per uno studio di mercato e della fattibilità della propria idea di business, ma anche per iniziare a conoscere quelli che saranno gli attori coinvolti nel progetto imprenditoriale o nuova attività da lanciare. Pensare che tutto il mondo sia uguale a casa propria è un grande errore che può determinare la buona uscita di un’impresa. Successivamente, diventa importantissimo scegliere il migliore rappresentante legale e fiscale in campo, quello con più esperienza, quello che segue aziende di successo. Scegliere solo sulla base del prezzo è un altro errore enorme che si rischia di pagare con l’insuccesso della propria attività.
Quali sono le opportunità contemporanee che provengono dal tessuto tecnologico, economico e commerciale dell’Albania?
Una buona opportunità proviene dal mondo dell’innovazione tecnologica e della digitalizzazione per il turismo. L’anno 2022 ha superato di gran lunga il miglior anno turistico finora registrato in Albania, ovvero il 2019, registrando in 11 mesi un aumento del 17% del numero di visitatori. I dati diffusi dall’Istituto di Statistica mostrano che anche nel mese di novembre si è registrato un numero significativo di ingressi nel Paese. Nello specifico, gli arrivi di cittadini albanesi e stranieri in territorio albanese, nel mese di novembre 2022, sono stati di 808.813. Questo indicatore si traduce in un aumento del 47,4% rispetto a novembre 2021. A novembre 2022, il numero di cittadini stranieri entrati nel territorio albanese è stato di 358.350. Dati che fanno riflettere sull’importanza di puntare sul turismo e l’innovazione tecnologica. Il Governo Albanese reputa lo sviluppo della società dell’informazione, così come la diffusione dell’ICT, una delle priorità principali per la crescita economica e per il raggiungimento di elevati standard di vita. In questo ambito, in data 6 giugno 2020 il Consiglio dei Ministri ha approvato con Decisione Nr. 434 il “Piano Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile dell’Infrastruttura Digitale Broadband 2020-2025”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Nr. 109 del 9.6.2020. Lo sviluppo della tecnologia dell’informazione e della comunicazione rappresenta una delle priorità del Governo albanese ed è parte degli obiettivi strategici nazionali per l’integrazione e l’adesione all’Unione europea.
L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Cos’è realmente questa intelligenza artificiale?
L’intelligenza artificiale è l’abilità che ha una macchina di mostrare capacità umane
quali: il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività. Tale I.A.
(oppure A.I. nella traduzione inglese) è stata progettata per riuscire ad analizzare i
dati, già scannerizzati, processarli ed elaborare una risposta immediatamente. L’intelligenza
artificiale si sta diffondendo in diversi campi lavorativi tra cui la grafica e anche
nell’arte. In tale settore dall’incontro tra I.A. e l’universo creativo, nascono diversi
software di intelligenza artificiale capaci di generare diverse forme d’arte: scrivere
testi e poesie, comporre melodie e addirittura dipingere quadri.
Per ottenere questi prodotti artistici di norma vengono utilizzate le GAN (Rete Generativa
Avversaria), ovvero una coppia di reti neurali che vengono addestrate a
competere l’una contro l’altra al fine di migliorarsi. Una è chiamata generator e ha il
compito di produrre nuovi dati, l’altra discriminator e apprende come distinguerli da
quelli creati artificialmente. Vengono usate poi insieme per creare quadri o fotografie
di persone che non esistono, assolutamente realistiche, partendo da un numero
adeguato di immagini reali. L’esistenza di un’arte prodotta in questo modo mette in
discussione il rapporto univoco che esiste tra soggetto e oggetto, tra autore e opera
creata dall’ingegno di quest’ultimo e tra creatività e computazione.
Oltre al mero punto di vista artistico, l’intelligenza artificiale incide quotidianamente
nella nostra vita e in alcuni lavori. Secondo alcune correnti di pensiero, l’intelligenza
artificiale potrebbe sostituire la maggior parte dei posti di lavoro a tempo pieno, ma
per il momento, per quanto si stia evolvendo in fretta, l’I.A. ha ancora delle falle che
rendono indispensabile l’approccio umano, soprattutto nel mondo artistico.
Che il mondo dell’intelligenza artificiale sia una realtà in continua evoluzione e crescita
lo si evince sopratutto nel mercato che essa sta generando in giro per il mondo.
Il mercato dell’I.A. nel mondo
Il mercato dell’intelligenza artificiale a livello globale è in crescita esponenziale. Studi
di settore ci riferiscono che il mercato globale dell’intelligenza artificiale raggiungerà
quota 387 miliardi di dollari di fatturato entro la fine dell’anno corrente e si prevede
che si arrivi a superare il triliardo di ricavi entro il 2029.
In Europa, stando a quanto indicato dal sito web tedesco Statista, che segue statistiche
in ambito economico, si dovrebbe registrare un incremento considerevole con
ricavi in aumento, fino a sfiorare i 27 miliardi entro il prossimo triennio. L’I.A. potrebbe
dare un apporto di 15,7 trilioni di dollari all’economia globale nel 2030, con una
crescita annua dell’1,4%. Tale apporto non è omogeneo in tutto il globo ma differente
a seconda dell’area geografica di riferimento.
Apporto dell’I.A. all’economia nel 2030.
Mercato in Italia
Anche il mercato italiano collabora ed è partecipe a livello internazionale tramite
alcune aziende ad alto livello, tra queste c’è “QuestIT”, azienda specializzata nella
realizzazione di tecnologie proprietarie d’intelligenza artificiale che si è messa in luce
con l’organizzazione del primo “Ava Contest” e con la realizzazione della prima guida
turistica virtuale a supporto di locali e turisti per il Palio di Siena. In tale applicazione
l’intelligenza artificiale ha avuto il potere di migliorare il marketing e le vendite,
quindi la produttività in generale.
I vantaggi che l’intelligenza artificiale offre alle piccole e medie imprese sono svariati
e di diversa natura: il miglioramento della produttività grazie all’automazione delle
operazioni, oppure, avendo a disposizione dati analitici pertinenti e significativi, i
dipendenti possono lavorare più efficacemente e capire meglio i desideri e le aspettative
dei clienti.
A quest’ultimo aspetto si collega il potenziamento del servizio clienti che, quindi,
ha assunto un’importanza ancora maggiore. L’intelligenza artificiale per l’assistenza
clienti permette di creare chatbot che rispondono alle domande più comuni degli
utenti, di analizzare le problematiche riscontrate più spesso, di assegnare automaticamente
la priorità ai ticket e molto altro ancora. Se si ottiene una migliore comprensione
del cliente e di tutte le sue interazioni con un’azienda, si avranno più strumenti
per proporre e vendere altri prodotti e servizi di interesse.
Analizzando il futuro mercato del lavoro, le figure più richieste saranno il data scientist,
lo sviluppatore di sistemi di I.A. e l’ingegnere esperto di I.A. mentre i settori in cui
l’I.A. trova applicazione sono svariati e in aumento dopo la pandemia di Covid-19.
Incremento del valore di mercato grazie all’I.A. per
settore post Covid-19.
L’impatto sociale
L’intelligenza artificiale è una delle tecnologie emergenti più importanti della nostra
epoca, e sta rapidamente cambiando la società in modi che pochi avrebbero potuto
immaginare. Ma nonostante i numerosi vantaggi, ci sono anche alcune preoccupazioni
riguardo al suo impatto sulla società.
Tuttavia, sta anche facendo sorgere delle preoccupazioni riguardo all’automazione
dei posti di lavoro, alla privacy e alla sicurezza dei dati, alla discriminazione e alla
perdita del controllo di questa tecnologia.
In primo luogo, essa sta rapidamente sostituendo i dipendenti in molti settori, in particolare
quelli che richiedono attività ripetitive, come l’elaborazione dei dati. Ciò porta
a un aumento della produttività, ma può portare a una perdita dei posti di lavoro e
una conseguente crescita delle disuguaglianze economiche.
In secondo luogo, sta sollevando preoccupazioni riguardo alla privacy e alla sicurezza
dei dati personali che, tra i tanti problemi legati alla privacy, può portare alla
discriminazione. Ad esempio, se un algoritmo di apprendimento automatico viene
addestrato su dati che riflettono pregiudizi esistenti nella società, come il sesso o l’etnia,
l’IA può imparare e perpetuare tali pregiudizi.
I.A. e diritto d’autore
L’intelligenza artificiale sta rapidamente diventando una tecnologia sempre più utilizzata
per la creazione e l’elaborazione di contenuti protetti dal diritto d’autore. Abbiamo
già detto come l’I.A. sia in grado di creare contenuti originali, come opere d’arte,
musica, testi e filmati, utilizzando algoritmi di generazione di contenuti partendo da
un database.
Ma chi ha il diritto d’autore su queste opere? L’azienda creatrice del software, la persona
che ha creato l’algoritmo o il committente del lavoro? Inoltre, questa tecnologia
è in grado di rielaborare contenuti esistenti, come foto e video, per creare opere
derivate. Questo solleva la questione di chi ha il diritto di autorizzare l’uso di questi
contenuti. Ci sono poi delle sfide riguardo alla protezione del diritto d’autore quando
l’IA è utilizzata per copiare, manipolare o distribuire contenuti protetti dal diritto d’autore
senza il consenso dell’autore.
A tal proposito, l’Unione Europea sta attualmente valutando una revisione della sua
legislazione sul diritto d’autore per affrontare le questioni relative all’I.A. e al diritto
d’autore. Anche l’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale (O.M.P.I.)
ha pubblicato una serie di linee guida per l’utilizzo di questi software nel contesto
dell’arte.
Il caso di Steven Thaler è stato uno dei principali casi dello scontro tra I.A. e diritto
d’autore. L’U.S. Copyright Office ha respinto la richiesta di Steven Thaler di registrazione
del diritto d’autore per un’opera d’arte realizzata da un’intelligenza artificiale.
La commissione americana ha deciso che la “paternità/maternità umana” è un requisito
fondamentale perché il copyright tuteli un’opera.
In conclusione
Analizzando gli aspetti migliori e peggiori possiamo evincere che, come tutti gli strumenti
derivati dall’ingegno umano, l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per
migliorare la società in cui viviamo con un palese guadagno economico, ma potrebbe
anche incrementare le divisioni sociali ed economiche. Sicuramente bisognerà
promuovere uno sviluppo e un utilizzo consapevole, intelligente, responsabile e sostenibile
di questa potente tecnologia.
Tante Polonie, un unico sogno
Luca Mozzi
Come una luce a intermittenza, negli ultimi tre secoli la Polonia è esistita e poi scomparsa numerose volte, in un’anaciclosi che l’ha vista eterna preda dei suoi scomodi vicini: quello russo e quello austro-germanico. Per quanto in questo periodo storico lo stato polacco abbia vissuto sorti alterne, ciò che non è mai tramontato è però lo spirito della nazione polacca. Quest’ultimo riemerge in questi mesi più forte che mai, consapevole della sua missione di ‘antemurale d’Europa’, attualizzazione dell’espressione ‘antemurale christianitatis’, usata nel medioevo sempre in relazione alla Polonia.
Storicamente lo stato polacco, che vede la sua nascita nel 1385, disegna i suoi incerti ed indefiniti confini tra le steppe della pianura sarmatica, immensa distesa erbosa pianeggiante che collega idealmente la Germania orientale alla catena montuosa degli Urali. Dopo alcuni secoli di costante espansione territoriale, che la portarono a diventare lo stato più grande d’Europa tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo, con il consolidarsi degli imperi vicini la Polonia si ritrovò tuttavia a dover fare i conti con la sua geografia. Priva di ogni sorta di barriera orografica, il paese è dunque incapace di difendersi dalle armate nemiche. Da qui le quattro dolorosissime spartizioni del paese, diviso con le prime tre spartizioni (1772, 1793, 1795) tra Impero Russo, Impero Asburgico e Prussia e nel 1939 da Unione Sovietica e Terzo Reich con il Patto Molotov-Ribbentrop.
L’occasione di riscatto della Polonia dalla sua sfortunata geografia e dal suo travagliato passato viene dall’attuale precarietà dello scenario est europeo e dal ruolo che il paese ha assunto nella guerra in Ucraina. Da paese considerato ‘scroccone’, illiberale, xenofobo e antidemocratico, dalle cancellerie europee, la Polonia è passata in pochi mesi ad essere celebrata come ‘eroina’ in Europa e Oltreoceano per il suo strenuo supporto alla causa ucraina. Memore delle sue travagliate relazioni con Mosca e sentendo la minaccia russa pericolosamente vicina, la Polonia ha infatti aperto le porte a 10 milioni di profughi ucraini (dotandoli peraltro di pari diritti dei cittadini polacchi), ha inviato enormi quantità di armi al paese aggredito ed ha iniziato un’opera di massiccio rimodernamento dell’esercito. Ma, cosa più importante, il paese esteuropeo è diventato l’attore prescelto dagli Stati Uniti nel quadrante della guerra in Ucraina, il perno attorno al quale gli USA strutturano la loro strategia di supporto all’Ucraina e contenimento della Russia. Ciò perché statunitensi e polacchi condividono l’obbiettivo di smorzare l’imperialismo russo, sebbene con una, cruciale, differenza: i primi lo fanno per ragioni strategiche, i secondi per la propria stessa sopravvivenza.
Con la guerra in Ucraina il supporto militare americano alla Polonia è cresciuto esponenzialmente: il paese centroeuropeo ha ricevuto nuovissime tecnologie da Washington (potendo così devolvere il suo vecchio arsenale sovietico ai combattenti ucraini) e ha visto un consistente aumento di soldati americani e infrastrutture NATO sul suo territorio. Questo elemento rappresenta per la Polonia l’occasione unica di accrescere il suo potere nella regione e, idealmente, di diventare un modello per tutte quelle nazioni, dall’Estonia alla Romania, che da sempre si sono viste in una ‘terra di mezzo’ claustrofobicamente compresse tra Europa Occidentale e Russia.
Aiutata militarmente dagli States e finanziariamente dall’Unione Europea, la Polonia si trova così a vivere una fase storica che la vede, dopo due secoli e mezzo di depressione vittimistica, piena protagonista del suo presente, tanto da sentirsi pronta a riesumare i fasti del suo glorioso passato cinquecentesco. Questa neo-scoperta megalomania nazionale non si ferma però ai confini della Polonia. L’obbiettivo polacco è quello di creare una cintura antirussa di 12 stati dell’UE compresi tra Mar Baltico, Mar Nero e al Mar Adriatico e di esserne il principale attore. Questo progetto, noto come Three Seas Initiative (Trimarium), prevede l’unione delle forze economiche e militari dei paesi membri, così da essere autonomo dalle mire espansionistiche russe. Per raggiungere questo obbiettivo, che darebbe una nuova identità allo spazio compreso tra Europa Occidentale ed Europa Orientale, il Trimarium sta venendo implementato attualmente soprattutto a livello infrastrutturale. Essendo questo forum composto da paesi storicamente ancillari o del mondo russo o di quello germanico, l’assetto infrastrutturale di ferrovie, autostrade e collegamenti energetici è legato infatti quasi esclusivamente alla dimensione Est-Ovest. Di qui l’enfasi di costruire reti di collegamento per beni, energia e persone che si sviluppino lungo la traiettoria Nord-Sud, aumentando così la coesione commerciale e logistica di questi paesi che, dal Baltico al Mar Nero, sarebbero altrimenti quasi irraggiungibili tra di loro.. Per porre a compimento questi progetti, è stato istituito un Fondo del Trimarium, definito da Zurawski, consigliere del ministro degli esteri polacco, ‘una start-up’, a sottolinearne la vena innovativa e promettente, che ha già ricevuto 4 miliardi di dollari, di cui solo la metà provengono da investitori americani.
Nel forum del Trimarium è presente con il ruolo di osservatore anche la Germania, paese di cui semplicemente la Polonia non si può privare, essendo consapevole di come la sua crociata antirussa sia legata indissolubilmente all’interdipendenza economica con il vicino occidentale. Tuttavia, sarebbe naif pensare che gli sforzi di autodeterminazione polacca siano rivolti esclusivamente in chiave antirussa; da sempre il paese è stato vessato tanto a est dalla Russia quanto ad ovest dalla Germania. La memoria dei milioni di civili polacchi uccisi dal regime nazista è ancora viva nella Polonia attuale, come testimonia la richiesta del settembre scorso di 1.300 miliardi di dollari in riparazioni di guerra alla Germania da parte del parlamento polacco. Sebbene la richiesta sia palesemente irrealistica, essa è interessante perché dimostra come, sebbene polacchi e tedeschi si ritrovino in questa fase storica parte dello stesso schieramento, il rapporto tra le due nazioni sarà comunque in parte ancora vincolato dal loro passato.
L’America ha trovato nella Polonia e nel progetto del Trimarium un’abilissima carta da giocare per il contenimento della Russia. Tuttavia, se gli sforzi della superpotenza sono orientati ad un indebolimento della Russia, le aspirazioni polacche mirano ad una guerra a oltranza finalizzata ad una vera e propria dissoluzione del paese, che permetterebbe ai polacchi di dimenticarsi (apparentemente) del suo scomodissimo dirimpettaio orientale. Gli Stati Uniti sono però consapevoli che un simile scenario è insostenibile a livello di sicurezza internazionale: un paese così vasto ed armato (non solo con armi convenzionali) sarebbe una perenne minaccia per gli equilibri globali e favorirebbe inoltre la penetrazione cinese nella Siberia profonda e forse anche più ad ovest. La Cina e i suoi interessi strategici non sono attori esterni alla partita ucraina e gli americani lo sanno. Come sanno che, per quanto la guerra in Ucraina sia uno scontro rilevante a livello regionale, è decisamente meno cogente di un ipotetico scontro con la Cina nel contesto indopacifico, che rimescolerebbe in maniera sicuramente più vigorosa gli equilibri dell’attuale assetto globale, tanto dal punto di vista economico quanto da quello strategico. Per questo motivo la visione massimalista della Polonia, alimentata dal ricordo di un passato glorioso e dalla volontà di riscatto dalle nefandezze e miserie del passato potrebbe quindi non essere supportata per sempre da Washington, che non è disposta svuotare i suoi arsenali (e il suo erario) per Kiev, come vorrebbero invece i polacchi, essendo consapevole della possibile sfida futura con la Cina, per la quale deve quantomeno presentarsi all’altezza.
Premio Alberti per la Cultura d’Impresa e lo Stile Italiano nel Mondo II Edizione 2023 al Professor Claudio Ronco
La seconda edizione del Premio Pietro Cesare Alberti dedicato ad una personalità del mondo dell’impresa, del- l’arte, della cultura che si sia distinta per avere portato ai vertici internazionali lo stile italiano nel mondo, è stato assegnata a Claudio Ronco, Medico Nefrologo, Ricercatore, Docente all’Università degli Studi di Padova. La cerimonia di consegna è avvenuta lunedì 10 luglio 2023 durante una Cena al Ristorante Al Colombo del patron Domenico Stanziani, alla presenza del Premiato e dei rappresentanti delle istituzioni patrocinanti, per il comune di Venezia era presente il consigliere metropolitano Matteo Senno, e dei partner e sponsor. Durante la serata è avvenuta anche la presentazione del libro Il Giro del Mondo in 145 Ricette di Claudio Nobbio, Decano dei General Manager Alberghieri, Presidente Onorario dell’Associazione dei Direttori d’Albergo (ADA) e Direttore Responsabile della rivista Hotel Managers. Coautore, tra l’altro, del libro Alberti’s Day. 1635 (Mazzanti Libri).
I Partner
Comune di Venezia, Regione del Veneto, Confindustria Veneto Est, Ristorante Al Colombo, ADI (Associazione Direttori d’Albergo), Rivista Atlantis, Salvadori spa e SKAL, organizzazione professionale di “Leader” nel Turismo che in tutto il mondo promuovono dal 1934 il turismo globale e l’amicizia.
Pietro Cesare Alberti (Venezia, 2 giugno 1608 Nuova Amsterdam, 9 novembre 1655) è stato un viaggiatore italiano, emigrato nella colonia olandese di Nuova Amsterdam nel XVII secolo e per questo considerato il primo italoamericano.
La vicenda di Pietro Cesare Alberti è variamente riportata dalle fonti genealogiche americane e ora ripresa dal libro Alberti’s Day, Mazzanti Libri, Venezia,
È stato identificato con un Giulio Cesare Alberti, il cui atto di battesimo si trova nella chiesa di San Luca con la data 20 luglio 1608. Dal documento risulta essere nato il 2 giugno precedente da Andrea Alberti, segretario del tesoro ducale, e da sua moglie Veronica. Fu in seguito chiamato Pietro, probabilmente in ricordo di un fratello maggiore morto in tenera età.
Degli Alberti sappiamo che discendevano da un ramo della nobile famiglia fiorentina e che vivevano a Malamocco, nel palazzo tutt'ora noto come Ca' Alberti.
Il Premiato
Claudio Ronco è laureato a Padova nel 1976, è Specialista in Nefrologia e Nefrologia pediatrica. Professore ordinario di Nefrologia all’Università degli Studi di Padova e Direttore del Dipartimento di Nefrologia Dialisi e Trapianto Renale dell’ospedale San Bortolo di Vicenza è ora Direttore dell’Istituto Internazionale di Ricerca Renale di Vicenza (IRRIV).
È considerato un pioniere nel settore delle terapie dialitiche e tecnologie applicate, bio-ingegneria e biofisica, nefrologia critica, sepsi e sindromi cardio-renali. Nel 1999 e 2000 è stato direttore del laboratorio di ricerca del Mount Sinai & Beth Israel Medical Center di New York e ha ricevuto la cattedra di nefrologia all’Albert Einstein College of Medicine.
Scopritore di terapie innovative fra cui l’apparecchiatura CARPEDIEM per la dialisi neonatale, ha al suo attivo 1.590 pubblicazioni scientifiche di cui 1.380 censite in Pubmed, 80 libri scientifici e un H-Index di 126.
Ha ricevuto numerose onorificenze tra cui il titolo di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica Italiana. È autore di successo con alcuni libri di narrativa di recente pubblicazione tra cui Carpediem, Il Connettivista, Ombre della Luna, Una sera al BAR, 50 favole per Marivì e Giri di Do.
WAGNER NON MOLLERÀ L’AFRICA Luca Mozzi
Nei turbolenti giorni successivi alla ribellione di Prigozhin, capo della compagnia di mercenari Wagner, Putin si è dimostrato titubante, incerto sul da farsi relativo al reinserimento della private military company (PMC) all’interno degli apparati del potere moscoviti.
A riguardo, sono stati paventati piani di sostituzione di Prigozhin dai vertici della compagnia o di inserimento della PMC stessa all’interno dei ranghi dell’esercito regolare russo. Ipotesi, quest’ultima, particolarmente sgradita agli uomini del ‘cuoco del Cremlino’, che hanno notoriamente poca stima e altrettanta poca fiducia nel ministro della difesa Shoigu e nel Capo di Stato Maggiore Gerasimov, tanto che era stata proprio la possibilità di venire integrati nelle fila dell’esercito regolare una delle cause della ribellione dei contractors. Tuttavia, poca è stata l’attenzione dedicata dall’opinione pubblica all’’altra Wagner’, quella attiva nel continente africano.
Se nel fronte interno, e per estensione anche in quello della guerra ucraina, non è dunque chiaro come verrà colmata la voragine tra Wagner e Cremlino lasciata dall’ammutinamento di Prigozhin, sul piano internazionale più vasto, appena due giorni dopo il ‘golpe sospeso’ della PMC, il ministro degli esteri russo Seghei Lavrov ha dichiarato che il gruppo Wagner continuerà ad operare in Mali e nella Repubblica Centrafricana. Paesi, questi ultimi, che insieme a Libia e Sudan costituiscono il principale centro operativo della parte del gruppo Wagner attiva in Africa e che, dalla guerra in Ucraina, si è molto diversificata dalla sezione della compagnia operante in Ucraina.
Questa differenza di reazione del governo putiniano nei confronti della compagnia di contractors è ascrivibile, infatti, proprio alle differenze che intercorrono tra la sezione del gruppo Wagner attiva in Ucraina e quella occupata nel continente nero. Analizzando i dati da un punto di vista quantitativo è possibile osservare come solo il 10% dei contractors della compagnia siano attivi in Africa (5.000 individui), mentre il restante 90% è impiegato in Ucraina (oltre 50.000 individui). Se si completa l’analisi anche dal punto di vista qualitativo, si osserva come nel conflitto europeo la maggior parte dei contractors (circa quattro quinti) siano ex galeotti, mentre in Africa gli uomini della Wagner sono quasi esclusivamente uomini esperti e dotati di grandi abilità pratiche, come ex operatori di forze speciali, ufficiali dell’esercito o agenti di intelligence. Questi militari esperti vengono coadiuvati da individui esperti non solo nel settore bellico, ma anche in quello economico, energetico ed infrastrutturale.
Se lo scopo principale di contractors russi in Ucraina è quello di fornire massiccia disponibilità di uomini per dare supporto all’esercito regolare, nel continente africano la presenza della Wagner ha invece un fine più subdolo, ovvero quello di garantire gli interessi di oligarchi russi legati al governo (dunque del governo federale stesso) in paesi instabili e semifalliti, inserendosi con grande agilità nei vuoti di potere lasciati dalle nazioni occidentali. Paesi, questi ultimi, che temono di occuparsi di Africa per paura di rimanere intrappolati nel suo caos endemico e per evitare di ricevere lo stigma di nazioni neocoloniali.
La principale area d’azione della Wagner in Africa è il Sahel, immensa lingua di terra schiacciata tra Sahara e giungla equatoriale che fino a sessanta anni fa era quasi interamente sotto dominazione francese. Per ragioni economiche e di prestigio internazionale, la Francia ha tentato di riportare il Sahel sotto la sua area di influenza, intervenendo nell’area con la missione dichiarata di combattere il terrorismo islamico. Tuttavia, è stato proprio il fallimento della Francia e dell’ONU nel riportare ordine in questa porzione di globo a permettere alla Russia, tramite Wagner, di stabilire una propria influenza in paesi come Mali, Sudan, Chad, Repubblica Centrafricana (CAR). Così, nelle strade di Bamako (Mali), nell’ottobre 2021 migliaia di manifestanti scendevano in piazza bruciando il tricolore transalpino e issando bandiere della Federazione Russa al grido di ‘France degage’.
(Ribelli nella Repubblica Centrafricana (CAR) credits: Wikipedia Commons)
In paesi come Mali, CAR, Burkina Faso, Wagner supporta i presidenti locali, la maggior parte dei quali hanno preso il potere con un colpo di stato, mentre in altre nazioni africane come Libia o Sudan la PMC supporta una fazione in lotta contro l’establishment.
Nelle nazioni sopracitate, la PMC è attiva soprattutto nel settore delle risorse naturali, fornendo personale a difesa di impianti di estrazione, così come anche di geologhi, businessmen e avvocati russi che si occupano della gestione degli affari, agendo in grande sinergia con i governi locali, che si vedono arricchiti dalle attività della compagnia russa. Un modello pionieristico quello della Wagner in Africa, che riesce a combinare capacità militari- securitarie con il lucrosissimo business delle materie prime che vengono trasportate fuori dal continente tramite Emirati Arabi Uniti o paesi della stessa Unione Europea. L’opulenza e il potere del gruppo Wagner derivano proprio dal fatto che nel continente nero si trovano il 30% delle riserve globali di minerali, il 40% dell’oro, il 12% del gas e l’8% del petrolio.
Il controllo delle miniere, degli impianti di estrazione di materie prime e dei relativi canali di commercio estero ottenuto tramite le attività del gruppo Wagner in Africa forniscono un preziosissimo asset per la Russia, che, come ha recentemente rivelato lo stesso Putin, ha investito molto denaro e risorse nella PMC, spendibile non unicamente dal punto di vista economico. Tramite l’invio di tecnici specializzati in paesi africani, il peso politico della Russia e le sue capacità di softpower nella regione aumentano significativamente. La Russia è diventata infatti tra i principali partner commerciali di questi paesi, che si fidano sempre di più della Federazione, la quale viene vista come una validissima alternativa ai paesi occidentali, il cui passato coloniale con le sue efferatezze perpetrate alle popolazioni locali è ancora recente. Efferatezze delle quali tuttavia la Wagner non è estranea: numerose sono state infatti le accuse da parte di Unione Europea e Stati Uniti di stupri, abusi e altre violazioni di diritti umani ad opera dei mercenari della PMC nei paesi in essa è attiva; nefandezze queste ultime, che hanno spinto gli USA a designare la compagnia come un’’organizzazione criminale internazionale’ nel gennaio di quest’anno.
(credits: Wikipedia Commons)
Tuttavia, ciò non sembra aver allarmato i governi africani dove la Wagner opera, in quanto i metodi poco ortodossi della compagnia non si discostano eccessivamente da quelli utilizzati dai signori della guerra sponsorizzati dalla Russia tramite Wagner. È da escludere anche che l’ammutinamento di Prigozhin intaccherà significativamente l’opinione pubblica africana nei confronti della Russia poiché le questioni ucraine sono sentite con grande distanza da parte della popolazione locale.
Le abilità che la Wagner ha dimostrato sopravviveranno dunque alle attuali incertezze relative al futuro ruolo della compagnia che potrebbe cambiare nome o vertice ma difficilmente interromperà le sue funzioni, tanto in Ucraina quanto, soprattutto, nella dimenticata e apparentemente dormiente Africa.
Agente Segreto 1157.
La vita romanzesca di Rodolfo Siviero, un formidabile cacciatore di opere d'arte trafugate nel libro di Giorgio Radicati
Un libro che racconta le gesta di Rodolfo Siviero, un personaggio quasi unico nel suo genere, trasformatosi in pochi anni da spia al soldo del fascismo in volontario strenuo difensore, sotto varie vesti, del patrimonio culturale nazionale, restando per molto tempo, come si dice comunemente, "in paradiso a dispetto dei santi”. Questo, in estrema sintesi, il romanzo “Agente Segreto 1157. La vita romanzesca di Rodolfo Siviero, un formidabile cacciatore di opere d'arte trafugate” dell’ambasciatore Giorgio Radicati, presentato loscorso 22 giugno 2023 al Circolo degli Esteri a Roma.
A discuterne con l’autore diversi nomi illustri, esperti nei loro campi di studio. Tavolo coordinato da Genny De Bert, critica d'arte e consorte dell'autore.
Ad aprire gli interventi l’ambasciatore Umberto Vattani, Presidente della Venice International University, nominato due volte segretario generale del Ministero degli Affari Esteri, già presidente dell'Istituto nazionale per il Commercio Estero.
A seguire Claudio Strinati, storico e critico d’arte, ha lavorato nel Ministero per i beni culturali e ambientali, ha organizzato mostre sia in Italia sia all’estero, ha condotto trasmissioni televisive culturali e ha collaborato con il Dizionario Biografico degli Italiani edito dall'Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Infine Raffaele Simongini, storico del cinema, consulente artistico, documentarista e autore di numerosi programmi d’arte per Rai Educational (Art News e Magazzini Einstein. Lo spettacolo della cultura). È docente di Storia dell’arte, Estetica e Storia del cinema all’Accademia di Belle Arti.
L'editore Carlo Mazzanti ha raccontato cos'è il Meta Liber marchio che diffonde una innovativa modalità di fruizione del libro, associandolo all'ascolto, alla visione di immagini fotografiche e filmati e molto altro ancora, tutto in divenire.
Molte le testimonianze su Siviero, scomparso nel 1982, portate dai diplomatici presenti che lo hanno conosciuto durante la loro carriera. Siviero, discusso per l'adesione al fascismo dal quale poi si allontanò, è stato il protagonista nel secondo dopoguerra della ricerca e del rientro di moltissime opere d'arte trafugate e portate via dall'Italia, come bottino di guerra dai nazisti (e non solo). Una storia vera, ma tanto spettacolare da sembrare la sceneggiatura di un film.
Tanti bei nomi: da Paolo Casardi e Maurizio Melani, ambasciatori e co-presidenti del Circolo di Studi Diplomatici, a Maurizio Maria Nutto, diplomatico e consigliere del circolo (voluto da Galeazzo Ciano) che si affaccia sul Tevere, a tanti giornalisti: Andrea Scazzola La7, Francesca Carpentieri Rai tre, Daniela Orsello Rai Esteri, Ettore Guastalla Rai e Lorena Crisafulli Osservatore Romano.
Il romanzo “Agente segreto 1157” verrà ripresentato a Venezia in occasione dell’evento “L’arte rubata” che si terrà nel prossimo autunno.
GIORGIO RADICATI. Nato a Roma, ha iniziato la sua carriera di ambasciatore nel 1967, rappresentando l’Italia in Europa, Stati Uniti, Sud America. Dal 1978 al 1984, presso il Ministero degli Affari Esteri, è stato Capo dell’Ufficio Africa Sub Sahariana per la Cooperazione e lo Sviluppo. Successivamente ha ricoperto la funzione di Console Generale a New York, Ambasciatore a Praga e Rappresentante OSCE a Skopje. In parallelo all’attività diplomatica si è dedicato alle arti visive e alla letteratura, pubblicando diversi libri.
Agente Segreto 1157.
La vita romanzesca di Rodolfo Siviero, un formidabile cacciatore di opere d'arte trafugate.
Giorgio radicati
Prefazioni di Umberto Vattani e Raffaele Simongini
Mazzanti Libri
Venezia,2023