Il ritorno di Tony Blair nella diplomazia mediorientale / Tony Blair’s Return to Middle East Diplomacy

01.10.2025

Tony Blair, ex primo ministro britannico, torna a essere una figura centrale nella diplomazia mediorientale, con un ruolo di primo piano nel proposto "Consiglio di Pace" per Gaza, inserito nel piano di cessate il fuoco annunciato dal presidente statunitense Donald Trump. A 72 anni, Blair è destinato a guidare un organismo internazionale che amministrerà temporaneamente la Striscia di Gaza, con l'obiettivo di favorire un processo di riforma all'interno dell'Autorità Nazionale Palestinese per un'eventuale transizione di potere. La sua lunga storia di coinvolgimento nella regione lo rende una scelta strategica, ma non priva di controversie. Blair si occupa del conflitto israelo-palestinese sin dal suo mandato come premier del Regno Unito (1997-2007), quando sostenne iniziative internazionali per la stabilizzazione del Medio Oriente e fu il principale alleato degli Stati Uniti di George W. Bush nella guerra in Afghanistan e in Iraq. Dopo aver lasciato Downing Street, è stato inviato speciale del Quartetto per il Medio Oriente (ONU, USA, UE, Russia) dal 2007 al 2015, ricoprendo il ruolo di negoziatore capo. Pur non ottenendo successi eclatanti, ha mantenuto un impegno costante, lavorando anche attraverso il suo Tony Blair Institute for Global Change. Negli ultimi anni, ha coltivato relazioni con leader regionali, tra cui il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, rafforzando la sua rete diplomatica. Il "Consiglio di Pace" rappresenta una nuova sfida per Blair. Fonti diplomatiche sottolineano il suo contributo alla stesura del piano di Trump, che include 20 punti per la gestione di Gaza post-conflitto. La sua relazione cordiale con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu potrebbe facilitare il dialogo con Israele, spesso riluttante a concedere ruoli, spazi e legittimità all'Autorità Nazionale Palestinese.


Enrico Ellero


Tony Blair's Return to Middle East Diplomacy

Tony Blair, the former British Prime Minister, is once again emerging as a central figure in Middle East diplomacy, taking on a leading role in the proposed "Peace Council" for Gaza, part of the ceasefire plan announced by U.S. President Donald Trump. At 72, Blair is expected to head an international body that would temporarily administer the Gaza Strip, with the aim of fostering reform within the Palestinian Authority in view of a possible power transition.

Blair's long history of involvement in the region makes him a strategic—though not uncontroversial—choice. He has been engaged with the Israeli-Palestinian conflict since his tenure as UK Prime Minister (1997–2007), when he backed international initiatives to stabilize the Middle East and served as George W. Bush's closest ally in the wars in Afghanistan and Iraq. After leaving Downing Street, he served as Special Envoy of the Middle East Quartet (UN, US, EU, Russia) from 2007 to 2015, acting as chief negotiator. While he did not achieve major breakthroughs, he remained consistently involved, also working through his Tony Blair Institute for Global Change.

In recent years, Blair has cultivated ties with regional leaders, including Saudi Crown Prince Mohammed bin Salman, strengthening his diplomatic network. The "Peace Council" now represents a new challenge for him. Diplomatic sources highlight Blair's contribution to drafting Trump's plan, which outlines 20 key measures for post-conflict governance in Gaza. His cordial relationship with Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu could help facilitate dialogue with Israel, often reluctant to grant roles, space, and legitimacy to the Palestinian Authority.

Enrico Ellero